1. L’impresa del piccolo Rami e i goal di Kean riaccendono il dibattito sulla cittadinanza
Un ragazzo di 13 anni si rende eroe salvando i suoi compagni di classe, un altro ragazzo di 19 anni segna e fa vincere la nazionale di calcio. Cosa li accomuna? Il primo, nato e cresciuto a Crema, sogna la cittadinanza – e forse per il suo gesto potrebbe averla – l’altro (nato da genitori ivoriani ma residenti in Italia da più di 30 anni) già ce l’ha, ma dopo il goal va in tv e dichiara: “A che età ho avuto la cittadinanza? Io l’ho avuto appena sono nato, sono nato qua e i miei genitori erano qui da più di 30 anni. Cosa ne penso? Bisogna trattare tutti come italiani, non c’è diversità. Siamo tutti nello stesso Paese”.
Le loro storie hanno riacceso il dibattito sulla concessione della cittadinanza anche alla luce di quanto dichiarato dal ministro Salvini: “A Rami piace lo Ius Soli? Lo potrà fare quando sarà eletto in Parlamento”.
La cittadinanza deve essere un diritto non un merito, scrive Luigi Mastrodonato su Wired, mentre Giulio Cavalli su Linkiesta invita Adam a prendere sul serio il Ministro: “Abbiamo bisogno di tanti, piccoli e grandi, nuovi Luther King, nuovi Malcolm X, nuove Rosa Parks che vengano a prendersi ciò che loro credono sia giusto e doveroso senza bisogno che siano gli italiani bianchi ad avere la delega totale anche su questo”.
2. Sul salvataggio di 50 persone da parte della nave Mare Jonio
Martedì scorso, dopo aver aspettato fuori dal porto di Lampedusa per un’intera giornata, alla nave Mare Jonio del progetto Mediterranea è stato permesso di sbarcare i migranti che aveva soccorso il giorno precedente.
Nelle ore immediatamente precedenti il ministro dell’Interno italiano Salvini aveva fatto sentire la sua voce – “Questa non è un’operazione di salvataggio, ma favorire l’immigrazione clandestina” – e subito dopo lo sbarco le autorità avevano ordinato l’avvio di un’indagine con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, sequestrando la nave.
Dopo otto ore d’interrogatorio come persona informata sui fatti, il nome del capo missione della Ong Mediterranea – Luca Casarini – è stato iscritto nel registro degli indagati. Avrebbe condiviso le decisioni prese dal comandante della nave Mare Jonio, Pietro Marrone, anche lui sotto indagine, che ha dichiarato ai giornalisti “Fra”.
Come racconta Felice Florio per Open, a bordo della mare Jonio c’erano persone come Bakary, che nonostante i suoi 25 anni è stato rispedito in Libia già 4 volte dalla Guardia Costiera libica, subendo le torture per cui i centri di detenzione del paese nordafricano sono tristemente noti.
3. Dove sono i migranti soccorsi dalla Mare Jonio
Dove sono le 50 persone soccorse dalla Mare Jonio e trasferite nell’hotspot di Lampedusa?
Secondo quanto riportato dal progetto In Limine, promosso da parte di ASGI, ActionAid, Indie Watch e CILD, i migranti sarebbero trattenuti in via del tutto arbitraria e senza alcun tipo di tutela nel centro per migranti di Lampedusa.
Il problema della detenzione illegittima all’interno dell’hotspot di Lampedusa era già stato sollevato dal Garante dei diritti dei detenuti negli anni passati e anche noi eravamo stati in più di occasione sull’isola per raccontarvi le pessime condizioni in cui versa l’hotspot.
Le 50 persone soccorse dalla #MareJonio e condotte all’Hotspot di Lampedusa sono da allora trattenute nella struttura.
Con @asgi_it, @Cild2014 e #Indiewatch chiediamo chiarimenti su accesso a protezione internazionale e tutela dei minori.
via @repubblicahttps://t.co/9pQyxfHPyv— ActionAid Italia (@ActionAidItalia) March 25, 2019
Secondo fonti di media locali, i migranti invece sarebbero stati trasferiti a Porto Empedocle.
4. Il Tribunale di Firenze sconfessa il decreto Salvini: l’iscrizione anagrafica è un diritto
Yosef è somalo, richiedente asilo e vive in un centro di accoglienza nel Comune di Scandicci. Quando lo scorso ottobre ha presentato domanda per iscrizione anagrafica negli uffici del comune in cui vive però se l’era vista rifiutare per effetto del decreto Salvini.
Lo scorso 18 marzo tuttavia il Tribunale di Firenze ha ribaltato la decisione e ordinato al Comune di Scandicci di provvedere all’immediata iscrizione di Yosef al registro anagrafico della popolazione residente. La decisione è arrivata in risposta al ricorso presentato a gennaio dai legali dell’Associazione Studi Giuridici Immigrazione (Asgi) in quanto, per dimostrare la regolarità del soggiorno, è sufficiente il verbale rilasciato dalla questura.
L’iscrizione anagrafica è necessaria per il rilascio del certificato di residenza e del documento d’identità, documenti di prassi necessari per il godimento di alcuni servizi pubblici, in particolare dei servizi sociali, come, l’accesso all’edilizia pubblica o la concessione di eventuali sussidi o agevolazioni. Per fornire prime indicazioni utili agli operatori di diritto in tema di iscrizione anagrafica e accesso ai servizi, La Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili aveva realizzato questa breve guida.
5. In Francia gli avvocati scioperano contro le audizioni video dei migranti
Dopo il foro di Lione, anche quello di Parigi si mobilita contro l’uso dell’udienza video per i richiedenti asilo. Gli avvocati parigini che lavorano presso la Cour nationale du droit d’asile (CNDA) incroceranno le braccia nei giorni in cui sono programmate le audizioni video.
Nelle intenzioni l’udienza video vorrebbe velocizzare le procedure d’appello. Secondo coloro che si oppongono a questa misura ciò andrebbe a discapito degli auditi che avrebbero diritti ad essere ascoltati di persona e le cui storie, filtrate da uno schermo, uscirebbero sminuite. Per Basil Ader, vice presidente dell’Ordine degli Avvocati di Parigi, l’udienza video è un segno di “disumanizzazione della giustizia”. “Dal 1981 – dichiara al quotidiano Libération – il diritto di asilo è stato abusato. Ma qui aggiungiamo una dimensione spaventosa, perché è proprio la negazione della giustizia”.
6. Per la prima volta il governo italiano scrive che la Libia è un porto sicuro
“E’ la prima volta che leggiamo in un testo scritto che la Libia è un porto sicuro secondo le autorità italiane. E questo per noi è un elemento di forte preoccupazione”.
"E' la prima volta che leggiamo in un testo scritto che la #Libia è un porto sicuro secondo le autorità italiane. Per noi è un elemento di forte preoccupazione”
– Il nostro @bertotto ieri per @Adnkronos, commentando sul caso #marejonio https://t.co/Qn0n3Orqdv
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) March 20, 2019
Con queste parole Marco Bertotto, responsabile advocacy di Medici senza frontiere, ha commentato la direttiva con la quale il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha dato disposizione ai vertici delle forze dell’ordine, della Marina e della Guardia costiera di impedire l’ingresso in acque italiane di navi umanitarie che hanno soccorso migranti in zona Sar non italiana.
Annalisa Camilli per Internazionale, aveva elencato i motivi per cui la direttiva era priva di valore legale. Come riportato anche da Repubblica però nella direttiva, per la prima volta, l’Italia definisce i porti della Libia sicuri alla stessa stregua di quelli di Malta e Tunisia, elemento dal forte valore politico.
Sono sempre più infatti le testimonianze delle brutali condizioni cui sono costretti i migranti nei centri di detenzione libica: qui il resoconto di Famiglia Cristiana sulle verità processuali di quello che accade nei campi di concentramento del regime di Tripoli, raccontata dall’avvocato Maurizio Veglio nel libro “L’attualità del male”.
7. Il decreto Salvini ha prodotto 44 mila irregolari in più
Dal giorno dell’entrata in vigore del decreto sicurezza in Italia ci sono 44 mila immigrati in più in situazione di irregolarità. La richiesta alle prefetture di stringere sulla protezione umanitaria prima e la nuova legge che regola la concessione della stessa protezione umanitaria poi, hanno prodotto quasi 50 mila dinieghi di richieste d’asilo.
Riportando quanto scritto da Claudio del Frate sul Corriere della Sera, se si escludono le persone già espulse dal nostro paese, restano 44.654 casi: tutte persone allontanate dall’accoglienza, private di ogni “ombrello di legge, ma costrette a sopravvivere senza mezzi”.
Anche per questo la Caritas Ambrosiana ha deciso di istituire un fondo di solidarietà per gli esclusi dall’accoglienza, destinato proprio agli stranieri che si sono visti interrompere il percorso di integrazione a causa delle nuove norme e sono stati allontanati dai centri che li ospitavano.
8. La nuova legge sui rifugiati in Etiopia è tra le più innovative
Non tutti i migranti lasciano il continente africano per l’Europa e, tra la mete interne, l’Etiopia è sicuramente tra le più ambite. Due in particolare le direttrici principali: la prima proveniente dalla Somalia; la seconda, con un’affluenza leggermente minore, proveniente dal Sud Sudan. Per rispondere a questa sfida negli scorsi mesi il governo etiope ha aggiornato la propria legge sulla migrazione.
Molti i punti innovativi della norma. Come ricorda Eleonora Copparoni per lo Spiegone, i richiedenti asilo e rifugiati potranno avere accesso a posti di lavoro in numerosi settori, dall’agricoltura all’industria, potranno aprire attività private, oltre a vedere garantito l’accesso ai servizi sanitari, all’istruzione primaria e al sistema bancario.
“L’adozione di questa storica legge rappresenta una pietra miliare significativa nella lunga storia di accoglienza di rifugiati da parte dell’Etiopia, giunti per decenni da tutta la regione”, ha dichiarato Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati. “Creando le condizioni affinché i rifugiati possano meglio integrarsi nella società, l’Etiopia non solo onora i propri obblighi internazionali in materia, ma funge da modello per le altre nazioni che ospitano rifugiati nel resto del mondo”.
9. In Grecia la crisi dei migranti non è finita
“L’umanità prima di tutto”. È con questa scritta proiettata sull’Acropoli di Atene che gli attivisti di Amnesty hanno voluto ricordare alla comunità internazionale come in Grecia migliaia di rifugiati siano ancora costretti a vivere in condizioni terribili.
Humanity first.
Humanity first.
Humanity first.On 3rd anniversary of EU-Turkey deal, we projected a message on the Acropolis in Athens to call on Europe's leaders to free the children, women & men still trapped in barbed wire camps on the Greek islands. https://t.co/P5rzNi2xuS
— Amnesty International (@amnesty) March 18, 2019
“L’Europa non vive più la crisi migratoria vissuta nel 2015, ma permangono problemi strutturali” ha dichiarato il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans lo scorso 6 marzo.
Anche grazie a controversi accordi, come quello tra Ue e Turchia che in questi giorni compie 3 anni, in Grecia gli arrivi di migranti sono crollati del 97% rispetto al 2015, il rischio – come riporta Helena Smith sul Guardian – è che dei migranti intrappolati sulle isole greche si parli sempre meno.
10. Immigrazione e cambiamenti climatici: e se toccasse a te partire?
Sempre più persone sono costrette a lasciare la propria terra non solo a causa della guerra e dalla povertà, ma anche per colpa dei cambiamenti climatici.
Gli scienziati prevedono che nel prossimo decennio e la terra si riscalderà fino a 1,5 gradi Celsius se non riusciremo a intraprendere azioni drastiche e sostenute sui cambiamenti climatici: assisteremo a grandi uragani, incendi, siccità e altri eventi meteorologici avversi. Le conseguenze saranno: perdita di case e mezzi di sostentamento, fame e malattie, probabilmente conflitto, e alla fine migrazioni. Cosa fare allora?
“Per prima cosa bisogna mettere da parte idee antiquate sui barbari alle porte e ripensare completamente il nostro approccio agli inevitabili spostamenti che si verificheranno nelle nostre vite. […] La stragrande maggioranza degli immigrati non sono né mostri pericolosi né soggetti eccezionali – sono persone normali che si ritrovano, per una serie di motivi personali o politici, a dover lasciare le loro case”. L’opinione di Laila Lalaimisul New York Times.
Immagine di copertina: Una donna siriana stringe le mani di un bambino a Moria, Lesbo. Foto di Marianna Karakoulaki