1. In Libia nessuna notizia della sorte di centinaia di persone
L’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha espresso venerdì scorso gravi preoccupazioni riguardo la sorte di centinaia di migranti che quest’anno la Guardia Costiera libica ha riportato a terra e dei quali non si hanno più notizie.
Mentre Italia e Malta si dichiarano porti non sicuri a causa dell’epidemia Covid-19, le partenze dal paese nordafricano non si fermano.
In #Libia, Pepe ha le idee chiare “Aspetto che mi paghino un lavoro già finito, e parto. Perché qui se sopravvivo alla guerra, muoio di virus”. Mio pezzo con foto del collega @AmruSalahuddien su @open_migration https://t.co/0rrkoeFxcC
— nancy porsia (@nancyporsia) April 20, 2020
Come riporta La Repubblica, solo nell’ultima settimana almeno 800 persone sono partite dalla nel tentativo di raggiungere l’Europa. Di queste “quasi 400 sono state riportate in Libia e, dopo operazioni di sbarco ritardate a lungo a cause della situazione di scarsa sicurezza a terra, sono state poi mandate in detenzione”.
Almeno 200 non sono più rintracciabili. Dopo potrebbero essere finite? Per loro – come racconta Nancy Porsia su Open Migration – si sono aperte le porte delle segrete gestite dalle milizie.
2. Il Premier di Malta è indagato per la morte di 12 migranti
La morte dei 12 migranti abbandonati in mare per 5 giorni con altri 51 profughi è costata al primo ministro maltese, il laburista Robert Abela, una indagine che potrebbe sfociare nella contestazione del reato di omicidio in concorso con il comandante delle forze armate (…). https://t.co/n0YyL7iFgP
— Alarm Phone (@alarm_phone) April 20, 2020
“La morte dei 12 migranti abbandonati in mare per 5 giorni con altri 51 profughi è costata al primo ministro maltese, il laburista Robert Abela, una indagine che potrebbe sfociare nella contestazione del reato di omicidio in concorso con il comandante delle forze armate e una decina di militari della catena di comando incaricata del coordinamento dei soccorsi in mare”
Lo scrive Nello Scavo su Avvenire. L’indagine riguarda le modalità con cui prima si sarebbe omesso di intervenire e poi sarebbe stato utilizzato – davanti a 5 morti accertati e 7 dispersi – navi “fantasma” per portare i superstiti verso la Libia.
3. La situazione nel Mediterraneo Centrale
Cosa sta succedendo nel Mediterraneo centrale? Le organizzazioni non governative accusano l’Italia e Malta di utilizzare la pandemia del coronavirus come pretesto per chiudere i porti alle navi di soccorso – noi ve ne avevamo parlato qui – mettendo a rischio la vita di migliaia di persone.
Sull’altra sponda di questa chiusura invece, le autorità libiche sembrano aver appreso bene l’esempio dato dalla Turchia di Erdogan:
“Al fine di potenziare le forze dispiegate nel conflitto civile contro il generale Haftar, Tripoli sta estorcendo nuovi fondi all’Unione Europea sotto la minaccia di un flusso incontrollato di esseri umani attraverso il Mediterraneo”, scrive su El Salto Valeria Colombo.
4. Gli stati devono garantire i salvataggi in mare
Sulla questione dei salvataggi in mare durante l’emergenza Coronavirus interviene anche Duna Mijatovič, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa.
“Nonostante le sfide senza precedenti che i Paesi europei devono affrontare a causa del Coronavirus, non può essere messa in discussione l’attività di salvataggio, e il far sbarcare i sopravvissuti in un porto sicuro” ha dichiarato in una nota.
Nella stessa nota, la Commissaria ha esortato gli Stati membri del Consiglio d’Europa a non lasciare soli i Paesi costieri nella gestione dei salvataggi e dei nuovi sbarchi, facendo leva sul sentimento di solidarietà europea e condivisione delle responsabilità nella protezione dei diritti umani.
5. In quarantena a Palermo i soccorsi dalla Aita Mari
Nella giornata di domenica è finita l’odissea dei 34 migranti a bordo della nave Aita Mari. Tutti i soccorsi sono stati trasbordati sulla nave Rubattino ormeggiata nel porto di Palermo, dove passeranno i 14 giorni di quarantena insieme alle 146 persone salvate dalla Alan Kurdi già a bordo della nave.
Benvenuti a Palermo, grazie all'equipaggio di #AitaMari pic.twitter.com/Reuf16ey3F
— Mediterranea Saving Humans (@RescueMed) April 19, 2020
6. La situazione a Palazzo Selam
La notizia che un focolaio di Covid-19 possa scoppiare all’interno di una delle occupazioni storiche della capitale – un palazzo di 9 piani in cui convivono centinaia di rifugiati – ha fatto il giro del mondo. Scrive Michele Bertelli su Al Jazeera: “L’esercito italiano ha chiuso uno squat di nove piani, dopo che alcuni residenti sono risultati positivi. […] ben 500 richiedenti asilo e rifugiati provenienti da Eritrea, Etiopia, Somalia e Sudan vivono a porte chiuse dal 6 aprile, dopo che due residenti sono risultati positive al coronavirus. L’esercito ha chiuso la strada che conduce all’ingresso principale, recintato l’intera area, e sta pattugliando tutte le vie d’ingresso e d’uscita”.
Come spiega CILD in questo articolo, non è ben chiaro da chi sia provenuto l’ordine e i provvedimenti che hanno portato a tale misure restano avvolti dal mistero.
Intanto proprio in queste ore, e senza nessun preavviso, l’esercito ha smesso di presidiare la struttura, gettando ulteriori profondi dubbi sulla riuscita dell’operazione. Lo comunica l’Associazione Cittadini del Mondo: “Nonostante solo ieri siano stati portati via padre e figlio Covid positivi, stasera alle 19:00 abbiamo saputo dal commissariato che l’esercito e la polizia avrebbero abbandonato il presidio del palazzo. Palazzo Selam non è stato sanificato, i tamponi non sono stati eseguiti in maniera sistematica – come diciamo da due settimane – e i risultati sono discutibili: un tampone eseguito di sabato con risposta negativa comunicata martedì potrebbe nel frattempo essersi trasformato in positivo”
7. Una sanatoria può bastare?
“In Italia nelle ultime settimane il tema della regolarizzazione degli stranieri non in regola con il permesso di soggiorno è tornato prepotentemente alla ribalta. Da più parti è tirata in ballo la possibilità di una sanatoria e sembra che il governo stia già esaminando alcune bozze di decreto. La paura del contagio legata all’epidemia di covid-19 e l’indisponibilità di manodopera in settori strategici come l’agricoltura hanno improvvisamente portato all’ordine del giorno una questione sollevata da tempo da alcuni settori della società senza ottenere la giusta visibilità (una proposta di legge per la regolarizzazione degli stranieri per ragioni di lavoro promossa dalla campagna Ero straniero è in discussione in parlamento)”.
Michele Colucci su Internazionale ci racconta cosa insegnano trent’anni di sanatorie per gli stranieri.
Se pensate che #regolarizzazione farà sparire i ghetti dei migranti non avete idea di come funzioni. È misura importante, va fatta(non solo perché servono braccia). Ma serve visione d’insieme che intervenga su questione abitativa e salariale e su misure che hanno limitato diritti
— Eleonora Camilli (@EleonoraCamilli) April 19, 2020
Ma la misura pensata dal Governo può bastare? Così rispondono le organizzazioni della campagna Ero Straniero: “La misura va finalmente incontro alla richiesta, che da tempo rivolgiamo al governo. Ma un provvedimento limitato nel tempo e rivolto solo a lavoratori agricoli non intacca il grosso dell’irregolarità”.
Serve coraggio per regolarizzare tutti gli invisibili e tutelarli dal nemico silente. La vita umana è preziosa e non deve essere subordinata all’utilità. I braccianti vanno regolarizzati perché sono esseri umani e non perché utili all’economia agricola.https://t.co/JvABriUvCp
— Aboubakar Soumahoro (@aboubakar_soum) April 20, 2020
8. Nel Regno Unito le strutture per rifugiati potrebbero non bastare in tempi di distanziamento sociale
Richiedenti asilo costretti a condividere stanze anguste e persino letti con sconosciuti, in violazione delle severe misure di contenimento del coronavirus. Il sovraffollamento degli alloggi governativi ha portato all’arrivo di nuovi ospiti in stanze condivise da quando il mese scorso è iniziato l’isolamento in tutto il Regno Unito. Sul Guardian le denunce di Refugee Action, Asylum Matters e lo Scottish Refugee Council.
9. Covid-19:Donne e bambine rifugiate vittime due volte più esposte a violenza sessuale
“In tutto il mondo l’epidemia in corso sta mietendo vite umane e mettendo a dura prova comunità, ma il virus porta con sé anche altissimi rischi per le donne e le ragazze costrette a fuggire dalle loro case” è l’allarme lanciato nei giorni scorsi Gillian Triggs, Assistente dell’Alto Commissario per la protezione dell’Unhcr.
L’Unhcr invita infine gli Stati a garantire i diritti di donne e bambine: “Nella definizione dei piani nazionali di prevenzione vengano presi in considerazione i crescenti rischi di violenza a cui sono esposte donne sfollate e apolidi”.
10. Durante l’epidemia di Coronavirus le condizioni dei rifugiati Rohingya rischiano di peggiorare
Ancora terribili notizie arrivano dalla Malesia. Prima la notizia che decine di persone sono morte a bordo di una barca a cui era stato rifiutato l’ingresso in Malesia e che era rimasta alla deriva per due mesi, ora la conferma che altre centinaia di rifugiati Rohingya si trovano ancora bloccati in mare.
Come riporta il Guardian, venerdì scorso, l’aviazione malese ha confermato di aver negato l’ingresso a una seconda imbarcazione che trasportava circa 200 rohingya, sostenendo di averlo fatto per impedire l’ulteriore diffusione del coronavirus all’interno del Paese.
11. Una diretta Facebook per parlare dei diritti dei braccianti
Il Covid-19 da emergenza può trasformarsi anche in un’opportunità. Come? Ad esempio riconoscendo dignità e diritti ai tanti invisibili che ogni giorno lavorano – nella maggior parte dei casi sfruttati – nelle campagne italiane per garantire a tutti l’approvvigionamento di frutta e verdura: i braccianti. Di questo discuterà la Coalizione italiana libertà e diritti e civili giovedì 23 alle ore 17 in diretta Facebook insieme a Marco Omizzolo Sociologo Eurispes e Responsabile scientifico di In Migrazionene e Fabio Ciconte, Direttore di Terra .
In copertina: Tripoli, 6 aprile 2020 – Un operatore medico controlla i danni nella stanza di un paziente nell’ospedale di Al-Khadra, dopo che decine di missili dell’esercito nazionale libico hanno colpito uno dei principali ospedali di Tripoli. Foto di Amru Salahuddien