1. Il sindacalista Aboubakar Soumahoro si incatena a Villa Pamphilj
Il sindacalista e attivista Aboubakar Soumahoro ha deciso di iniziare una protesta contro il governo impegnato negli Stati generali:
“Oggi, inizio lo sciopero della fame e mi incateno qui a Villa Pamphilj, dove si stanno tenendo gli Stati Generali, finché il governo non ascolterà il grido di dolore di noi invisibili e di tutti gli esclusi”, ha dichiarato il sindacalista
Tre le richieste al Governo: riforma della filiera agricola; varo di un Piano Nazionale Emergenza Lavoro; cambio dalle politiche migratorie.
2. Chi sono gli invisibili?
Gli invisibili di cui parla Aboubakar Soumahoro sono gli sfruttati delle terra – in buona parte stranieri – spesso esclusi da qualsivoglia servizio o garanzia.
Sono uomini o donne come Joban Singh, ragazzo indiano di 25 anni impiegato in condizioni di grave sfruttamento nell’Agro pontino, tredicesimo bracciante a suicidarsi nella zona negli ultimi tre anni (sul Manifesto il racconto di Marco Omizzolo).
O come Mohamed Ben Ali, morto a Borgo Mezzanone in un rogo. Il quarto incendio dall’inizio dell’anno. (A fine 2018, vi avevamo raccontato la vita dei braccianti della Capitanata, da allora – purtroppo – nulla o quasi è cambiato).
Sono le persone su cui cui si fonda, come ci raccontano Sara Manisera e Arianna Pagani nel loro ultimo lavoro da Saluzzo, un sistema che sfrutta loro e l’ambiente nel quale sono impiegati.
3. Cosa è stato fatto finora?
Come ci raccontava Andrea Oleandri in questa analisi sul provvedimento di regolarizzazione dei lavoratori stranieri, l’impressione che in molti hanno potuto scorgere a riguardo è che si sia trattato di un provvedimento che guardasse più alle nostre esigenze (la frutta e la verdura che rischiano di rimanere incolte, gli anziani e i malati che rischiano di restare senza assistenza con il ritorno al lavoro delle persone con cui vivono) che ai diritti e alla dignità dei lavoratori.
In molti – come ad esempio la Campagna Ero Straniero – hanno chiesto di allargare quanto più possibile la platea dei beneficiari agendo in fase di conversione in Parlamento.
https://twitter.com/Ero_Straniero/status/1272815503246086144
Nel mentre però si denunciano da più parti storture e prassi illegittime, anche per questo la Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili ha realizzato questo documento – in costante aggiornamento – che raccoglie le domande più comuni sulla regolarizzazione.
4. Accoglienza: le grandi strutture alla prova del Covid-19
Un caso di Coronavirus all’ex caserma Serena di Treviso – struttura che ospita oltre 300 persone – ha fatto scoppiare le proteste dei migranti ospitati che, a sua volta, ha provocato quella della destra estrema che chiede ora la chiusura della struttura. Sulla stessa linea anche l’ex ministro Salvini (che però non ricorda come l’esistenza di mega strutture come questa, a discapito di un’accoglienza diffusa, sia anche merito suo).
Proprio del fallimento di una politica di accoglienza basata sulle grandi strutture parla su Melting Pot Europa Riccardo Bottazzo intervistando Fabrizio Urettini, ideatore del progetto Talking Hands.
Un caso di #COVID19 all’ex caserma Serena a #Treviso fa scoppiare le proteste, testimoniando il fallimento di una politica di accoglienza basata sulle grandi strutture.
Un articolo di @RiBot26 con interviste a #TalkingHands e @adlcobas https://t.co/PDdcR7xwWU@MaipiuCIE pic.twitter.com/1M9pzw9GHH— Melting Pot Europa (@MeltingPotEU) June 15, 2020
5. A proposito di Covid, ecco i dati sulla povertà
Cosa dicono i dati sulla povertà riguardo le future criticità legate all’emergenza Covid-19?
Gli ultimi dati Istat confermano la fragilità della popolazione straniera rispetto a quella italiana sotto il profilo della povertà assoluta. L’incidenza è pari a 24,4% per le famiglie straniere contro il 4,9% per quelle italiane.
Gli ultimi dati @istat_it confermano la #fragilità della popolazione straniera rispetto a quella italiana sotto il profilo della #povertà assoluta. L'incidenza della povertà è pari a 24,4% per le famiglie straniere contro il 4,9% per le famiglie italiane.https://t.co/5upSFKXE16
— Fondazione ISMU (@Fondazione_Ismu) June 16, 2020
Ne scrive qui la Fondazione Ismu.
6. Cosa sta succedendo nel Mediterraneo
Alarm Phone è il telefono che rilancia gli Sos dei migranti e, da sei anni, diffonde le richieste di aiuto delle persone in difficoltà nel Mediterraneo. Per questa attività spesso è arrivato a scontrarsi con la resistenza delle Guardie costiere nazionali. A Giansandro Merli gli attivisti, intervistati per il Manifesto, rispondono: “siamo lì per coprire il vuoto lasciato dalle istituzioni, per documentare quello che accade e moltiplicare le pressioni sulle autorità. Il nostro obiettivo a lungo termine è non esistere, non essere più necessari. Preferirei fare altro che stare giorni e giorni a seguire una barca abbandonata in mezzo al Mediterraneo”.
Oggi #16giugno, l’ultima de @ilmanifesto è su @alarm_phone, il telefono che rilancia gli Sos dei migrantihttps://t.co/uygn6ObV4x
“Il nostro obiettivo a lungo termine è non esistere. Preferirei fare altro che seguire per giorni una barca abbandonata in mezzo al #Mediterraneo” pic.twitter.com/Ah9XzRcVfY— Giansandro (@GiansandroMerli) June 16, 2020
Cosa ha prodotto questo vuoto finora?
Solo negli ultimi giorni:
“Sabato si è verificato un naufragio al largo di Zawiya, in Libia. Il bilancio delle vittime del naufragio di 10 giorni fa al largo di Sfax, in Tunisia, è salito a 61 vittime. Gli sbarchi autonomi sono proseguiti a Lampedusa e in Calabria. Le navi di soccorso civile Sea-Watch 3 e Mare Jonio hanno ripreso le operazioni nel Mediterraneo centrale. Mentre in Libia sono state scoperte varie fosse comuni” (Sguardo sul Mediterraneo #10 di Sos Mediteranée).
7. Un’occasione per guardare al nostro passato coloniale
In #Etiopia i rifugiati sono circa un milione. Quasi tutti eritrei che scappano dal regime e vivono nel limbo nei campi per oltre 10 anni.
Magari la vicenda #Montanelli ci aiuta a tornare con lo sguardo nel paese di #Destà e capire cosa succede oggi lihttps://t.co/vrMQIoiDu1
— Eleonora Camilli (@EleonoraCamilli) June 16, 2020
Cosa succede dunque?
Mentre in Europa l’accordo di pace tra Etiopia ed Eritrea veniva festeggiato come la prova che le autorità eritree avevano finalmente voltato pagina, un’occasione unica per riconciliarsi con il regime di Afewerkie, l’aria che si respirava ad Asmara era decisamente meno entusiasmante: il numero di persone in fuga dal servizio nazionale quadruplicava, i confini con l’Etiopia venivano nuovamente chiusi e la sensazione di asfissia tornava ad impadronirsi delle strade in stile modernista di Asmara.
Dalla capitale alla regione di confine del Tigrai, Nancy Porsia e la fotografa Cinzia Canneri ci avevano raccontato di un’altra Eritrea, quella che non crede alla “pace esterna”.
8. Violenze sui migranti: l’imbarazzante silenzio dell’Ue su quanto sta avvenendo in Croazia
L’Ue avrebbe “coperto” le violazioni della Croazia ai danni dei migranti al confine con la Bosnia. Secondo un reportage di Lorenzo Tondo e Daniel Boffey pubblicato dal Guardian, i funzionari di Bruxelles temevano che rivelare la mancanza di impegno di Zagabria nel monitoraggio avrebbe provocato uno “scandalo”.
Violenze e torture della polizia su migranti e richiedenti asilo in Croazia. L'Ue non può più restare in silenzio https://t.co/luGoEtYvpR
— Amnesty Italia (@amnestyitalia) June 15, 2020
Secondo Massimo Moretti di Amnesty International: “la Commissione europea non può continuare a far finta di non vedere le palesi violazioni della normativa europea quando ci sono persone che vengono marchiate con le croci sulla testa o sono brutalmente torturate o umiliate dalla polizia croata. La condanna di tali atti e un’indagine indipendente sulle violazioni presunte, unitamente alla creazione di un valido meccanismo che garantisca che i fondi europei non siano utilizzati per perpetrare atti di tortura e rimpatri illegittimi, ci sembrano il minimo. In mancanza di un’azione urgente, le pratiche disumane della Croazia in materia di migrazione renderanno l’Ue complice di gravi violazioni dei diritti umani commessi sulla soglia di casa sua”.
9. Corridoi universitari, ecco come i rifugiati potranno continuare a studiare in Italia
L’interruzione degli studi contribuisce ad indebolire la capacità dei rifugiati ad integrarsi nelle comunità ospitanti e a trovare un’occupazione. Alla luce di questa esigenza si è firmato un protocollo d’intesa che darà a 20 studenti l’opportunità di proseguire il loro percorso accademico, a cui finora hanno aderito undici atenei.
“Nel mondo ancora troppi rifugiati non hanno accesso all’istruzione”.
Undici università italiane si sono unite per offrire a studenti rifugiati la possibilità di continuare il loro percorso accademico in Italia➡https://t.co/qqVAnfwOQw@ItalyMFA @CaritasItaliana @DiaconiaValdese pic.twitter.com/tlCPfOv5iP— UNHCR Italia (@UNHCRItalia) June 15, 2020
10. Dal Regno Unito un’interessante riflessione in vista della Refugee Week
Rabia Nasimi, è fuggita dal terrore del regime dei Talebani da bambina e ora vive nel Regno Unito. Proprio come fifugiate, scrive sul Guardian, so quanto quanto abbiamo dato alla società britannica. Persone, con potenziale: ecco cosa racconta in vista della Refugee Week.
Foto in copertina di Arianna Pagani