1. Nuove testimonianze scioccanti dai campi in Libia
Ecco anche online l’approfondito reportage di Francesca Mannocchi per L’Espresso. Intanto, con un po’ di ritardo sull’implementazione dell’accordo fra Italia e Libia, finalmente i media in generale cominciano a interessarsi di più dei disumani campi di detenzione in Libia, gestiti dalle stesse milizie a cui ora si chiede di non far partire i migranti. Nello Scavo, inviato a Zaltàn, scrive su Avvenire che i migranti detenuti sono diventati una merce di scambio, praticamente sequestrati, dove il riscatto sono i promessi fondi Ue, e poi scrive da Ras Agedir delle fosse comuni in cui vengono seppelliti coloro che muiono in viaggio. La presidente internazionale di Msf, Joanne Liu, è tornata scioccata da quello che ha visto nei campi, questa la sua testimonianza:
Intanto il ministro Minniti difende il suo piano, incontra l’ex nemico generale Haftar che controlla la Cirenaica, e alla Festa del Fatto Quotidiano a Marina di Pietrasanta parla di “conservare la nostra umanità” e di un nuovo piano per l’ integrazione a partire da metà settembre. Per Mattia Toaldo, analista dell’European Council on Foreign Relations (Ecfr) di Londra intervistato dal Redattore Sociale, il patto italiano con la Libia dona una sorta di immunità ai trafficanti a spese dei migranti.
L’Ong Moas, che per prima aveva firmato il codice di condotta del Viminale, ha annunciato che si ritira per non collaborare con i respingimenti nel Mediterraneo, e che sposterà i suoi sforzi sul soccorso dei Rohyngya in Bangladesh. Nel Mediterraneo restano a occuparsi dei soccorsi, che continuano, soltanto SOS Méditerranée e ProActiva Open Arms.
2. Sono 270.00 i Rohingya in fuga dalle persecuzioni del Myanmar
Sono saliti a 270 mila secondo l’Unhcr i rifugiati musulmani di etnia Rohingya che stanno scappando in Bangladesh per fuggire dalle persecuzioni del Myanmar. L’esercito birmano li ha più volte attaccati, e i combattimenti nella zona del Rakhine hanno costretto le Nazioni Unite a interrompere i rifornimenti essenziali di cibo e acqua. I Rohingya fuggono dai loro villaggi bruciati verso il Bangladesh, spesso con ferite da arma da fuoco. Si conta che siano in tutto 250.000 le persone senza accesso a cibo e acqua nella regione, fra cui anche molti buddisti in estrema povertà. L’Unhcr denuncia la grave situazione nei campi provvisori, ormai stracolmi. La portavoce dell’Alto Commissariato Vivian Tan descrive di prima mano la situazione.
Pressata da diversi paesi della comunità internazionale perché prenda posizione contro la persecuzione dei Rohingya, il premio Nobel per la Pace e leader del Myanmar Aung San Suu Kyi se la prende con “i terroristi” che seminano “fake news” sull’attuale situazione nel paese. Il vescovo sudafricano Desmond Tutu, anch’egli Premio Nobel per la Pace, le ha scritto una lettera.
3. Trump ha messo fine al Daca, e quasi nessuno è d’accordo
DACA sta per Deferred Action for Childhood Arrivals – un provvedimento esecutivo adottato da Obama perché il Congresso non era mai riuscito ad approvare il Dream Act, una sanatoria sulla cittadinanza. Gli ordini esecutivi non hanno bisogno del Congresso ma possono essere facilmente rovesciati dal presidente successivo, e così ha fatto Trump, colpendo con un forte gesto politico uno dei fiori all’occhiello del suo predecessore, anche se ci vorrà parecchio tempo perché se ne sentano gli effetti e il Congresso potrebbe riuscire a rimediare. Fino al 5 settembre la misura proteggeva circa 800.000 figli di immigrati irregolari, i cosiddetti Dreamers, ai quali forniva uno status temporaneo di immigrato legale, permettendo loro di restare vicini alle famiglie, studiare, lavorare, ricevere la tutela sanitaria e prestare servizio nell’esercito senza timore di essere espulsi. Le molte reazioni negative sono arrivate anche da esponenti Repubblicani, e vale la pena di leggere il lungo scritto con cui Obama ha reagito alla notizia, e la riflessione dello studioso Roger Ekirch su come la Casa Bianca stia minando una delle basi filosofiche dei fondatori americani: il principio stesso dell’asilo. Manifestazioni di protesta si sono svolte a Denver e in altri campus universitari.
4. Brexit leaks
Questa settimana il Guardian ha pubblicato il testo integrale della bozza di un documento del Ministero dell’Interno britannico di cui è entrato in possesso, dal quale si evincono i piani britannici post-Brexit sull’immigrazione, in particolare quelli per contenere gli arrivi dei cittadini Ue, e in particolare dei lavoratori Ue non altamente qualificati. Nei giorni successivi il giornale ha esplorato le varie parti del documento, a cominciare da quella che riguarda il restringimento dell’accesso degli studenti Ue al Regno Unito. Gli industriali e grandi imprenditori britannici hanno messo in guardia dalle conseguenze catastrofiche che avrebbe sull’economia l’allontanamento di cittadini Ue che lavorano in Gran Bretagna – anche se secondo un sondaggio, i sostenitori di Brexit sono d’accordo con l’idea di differenziare l’accesso al paese fra lavoratori Ue altamente qualificati e non.
5. Respinto l’appello di Ungheria e Slovacchia sulla relocation
La Corte di Giustizia europea ha respinto il ricorso di Ungheria e Slovacchia che non volevano rispettare le quote di richiedenti asilo assegnate a ogni paese dal programma di relocation della Ue. Per l’Alto Commissariato per i Rifugiati, la decisione della Corte manda un forte messaggio di solidarietà. Qui un’accurata ricostruzione della decisione della Corte e delle reazioni, con un commento del nostro direttore Andrea Menapace.
6. Ancora grandi difficoltà per i migranti sulle isole greche
Lo scorso fine settimana sono arrivate a Lesbo, Chios e Samos altre 500 persone via mare, scrive Ekathimerini, e l’Alto Commissariato per i Rifugiati ha lanciato un appello sulla situazione di estrema difficoltà in cui versano i migranti che sono bloccati da mesi sulle isole greche. Il Los Angeles Times, che aveva seguito la crisi dei rifugiati sulla rotta dei Balcani, torna a vedere com’è la situazione a Lesbo, dove ci sono persone bloccate da due anni.
7. Nessuna soluzione a Roma
La situazione dei rifugiati e migranti eritrei sfrattati dal condominio di via Curtatone a Roma non si è ancora risolta. Il loro sit-in simbolico vicino a piazza Venezia è stato sgomberato, e da piazza Madonna di Loreto Eleonora Camilli sul Redattore Sociale racconta che per gli sgomberati vengono trovate solo soluzioni provvisorie nei centri, che separano le famiglie anche con bimbi piccoli. Da leggere l’articolo di Annalisa Camilli su Internazionale in cui i rifugiati raccontano come mai molti di loro a Roma vivono nelle case occupate.
8. I dati biometrici dei rifugiati sono vulnerabili
Dal 2010, l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati ha stabilito ufficialmente di impiegare dati biometrici nella sua prassi per l’identificazione dei migranti, in modo che le identità non possano essere rubate o scambiate. Margie Cheesman ne aveva scritto qui per noi. L’Unhcr sta ora lanciando un nuovo programma, ma se da una parte questo risponde all’esigenza di dare una documentazione a chi spesso non ce l’ha, la raccolta dei dati biometrici comporta anche molti rischi – come racconta Brandie M. Nonnecke.
9. Gli evacuati di Choucha in sciopero della fame
Vi ricordate le ultime decine di rifugiati evacuati dopo anni trascorsi nel limbo del vecchio campo in disuso di Choucha, nel deserto tunisino? Li aveva incontrati per noi Laura Cappon nella loro nuova sistemazione provvisoria nella Casa della Gioventù a La Marsa. Oggi, racconta Nawaat, 25 di loro sono in sciopero della fame dal 18 agosto per protestare contro la lunga attesa per il processo di revisione delle loro richieste di asilo.
10. Il video di “Ero Straniero”
“Perché non ci si può sentire stranieri per tutta la vita”: ecco il video della campagna “Ero Straniero”, la legge di iniziativa popolare per cambiare le politiche sull’immigrazione superando la legge Bossi-Fini:
In copertina: Il 6 settembre l’artista messicano JR ha pubblicato la fotografia di un’opera a cui stava lavorando sul confine fra Messico e Stati Uniti, una grande testa di bambino che sbircia da sopra la barriera per guardare dall’altra parte. L’immagine è molto circolata sui social network, e l’8 settembre JR ne ha twittata un’altra, scattata da un altro punto di vista, spiegando che l’installazione resterà al suo posto per un mese (foto: JR)