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Homepage >> Web review >> I 10 migliori articoli su rifugiati e immigrazione 43/2017

I 10 migliori articoli su rifugiati e immigrazione 43/2017

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31 ottobre 2017
Se è da festeggiare il risultato della campagna Ero Straniero (con le 85 mila firme raccolte per cambiare la legge sull’immigrazione), non si può affatto dire altrettanto della situazione generale in Italia - dove le violenze e gli abusi razzisti sono all’ordine del giorno, e restano nell’indifferenza generale. Inoltre: l’inferno dei campi di detenzione in Libia, la storia di Calais che non è mai finita, la sindrome della rassegnazione in Svezia, il limbo dei profughi sull’isola di Manus, il genocidio dei Rohingya e le morti dei rifugiati come crimine internazionale. Per finire: una mappa interattiva per scoprire quanto il grosso grasso business delle armi degli europei influisca sulla “crisi dei rifugiati”.

1. Italia, 85.000 firme per cambiare le politiche sull’immigrazione

Straordinario successo per la proposta di legge di iniziativa popolare Ero Straniero, che propone un definitivo superamento del paradigma fallimentare della Bossi-Fini e un concreto impegno per l’integrazione attraverso legalità e diritti. Sono infatti più di 85.000 le firme raccolte nei sei mesi di campagna e consegnate al Parlamento lo scorso venerdì. L’articolo di Redattore Sociale.

85,000 persons have signed for #EroStraniero & today we are delivering their signatures to the Parliament! pic.twitter.com/Kojbdr07TE

— CILD (@Cild2014) October 27, 2017

2. Italia, la violenza razzista e l’indifferenza

In un  sabato notte come tanti, in Italia succede che a Torino venga dato fuoco a un clochard rumeno e a Roma due migranti, un bengalese e un egiziano, siano pestati a sangue da un gruppo di ragazzini. E non si tratta di episodi isolati, perché gli atti di violenza contro gli stranieri vanno avanti da tempo (come documentato anche dal libro bianco di Lunaria sul razzismo) – nell’indifferenza generale. L’articolo di Francesco Cancellato per Linkiesta e quello di Eleonora Camilli per Redattore Sociale.

3. Italia, le conseguenze del caporalato

“La terribile verità sulla vostra lattina di pomodori italiani”, si intitola il reportage per il Guardian di Isabel Hunter e Lorenzo Di Pietro che fa il punto sull’indagine della procura di Lecce. Un’indagine partita dalla morte di Abdullah Mohamed, il bracciante sudanese stroncato dal caldo nei campi di Nardò nel luglio 2011, e arrivata a svelare una filiera di produzione completamente fuori controllo, in cui lo sfruttamento selvaggio dei lavoratori migranti è la norma (come del resto denunciava Alessandro Leogrande già nel 2015). Da accompagnare all’approfondimento di Stefano Liberti e Fabio Ciconte per Internazionale.

4. Libia, un carcere chiamato Tripoli

Ora che dalle coste libiche non si parte quasi più (perché l’Italia sta pagando milioni di euro ai libici, come documentano Vice News e HBO), sempre più migranti vengono bloccati e rinchiusi negli infernali centri di detenzione, dove per donne e bambini la situazione è ancora più terribile. Il reportage di Francesca Mannocchi per Vanity Fair, corredato dalle fotografie di Alessio Romenzi, e quello di Francesco Semprini e Jacob Svendsen per il Guardian.

5. Calais, la vita dopo la “Giungla”

Nell’anniversario dello “sgombero definitivo” di Calais, la riflessione di Behzad Yaghmaian per Refugees Deeply su come i migranti continuano ad arrivare nella cittadina di frontiera francese – dove le condizioni sono peggiori di prima e la traversata verso il Regno Unito ancora più costosa e rischiosa (come del resto avevamo raccontato anche noi in un recente reportage). Da accompagnare all’articolo di Mark Townsend per il Guardian, che fa il punto – a partire dall’ultimo rapporto di Refugee Rights Data Project – su violenze e abusi di cui sono vittime i migranti in transito per Calais.

Calais brucia. PH: Sara Prestianni.

Calais brucia, durante i giorni dello “sgombero definitivo”. PH: Sara Prestianni.

6. Svezia, spiegare la “sindrome della rassegnazione”

Si spengono all’improvviso: smettono di giocare, camminare, parlare, persino aprire gli occhi. Nel 2016 sono stati 169 i figli di richiedenti asilo colpiti da questa totale disconnessione dal mondo reale, che i medici chiamano Uppgivenhetssyndrom (“sindrome della rassegnazione”). Succede solo ai figli dei profughi, e solo in Svezia – e nessuno riesce a capire perchè.  L’approfondimento di Linda Pressly per BBC News.

7. Rohingya, la parola giusta è genocidio

Sul dramma dei Rohingya tra Birmania e Bangladesh c’è una sola parola adatta: genocidio. Lo spiega Azeem Ibrahim nel suo punto per CNN – da accompagnare all’interessante approfondimento di Zara Rahman per Irin News sull’uso irresponsabile dei dati e i rischi della registrazione dei Rohingya (tanto più con carte biometriche) nonché all’aggiornamento del Guardian sull’ipotesi del Bangladesh di offrire la sterilizzazione nei campi (!).

8. Paura e delirio a Manus

Il 31 ottobre chiude il centro di detenzione offshore dell’Australia sull’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea – dove, nel corso degli ultimi 4 anni, sono stati trattenuti oltre 1500 richiedenti asilo. Non è ancora affatto chiaro, però, che ne sarà delle 600 persone attualmente sull’isola, che rischiano di essere abbandonati in un pericoloso limbo. Da leggere la copertura del Guardian: l’articolo di Georgie Bright e quello di Helen Davidson, e soprattutto il diario di Behrouz Boochani (giornalista iraniano detenuto a Manus dal 2014).

9. Morti di confine, i crimini davanti alla Corte Penale Internazionale?

La relatrice speciale dell’Onu sulle esecuzioni extragiudiziali, Agnes Callamard, ha trasmesso la scorsa settimana un importante nuovo rapporto dedicato alle “morti illegali di rifugiati e migranti” all’Assemblea Generale. Chiedendo che sia la Corte Penale Internazionale a prendere in considerazione gli atroci casi. L’editoriale di Ioannis Kalpouzos e Itamar Mann per Spiegel spiega l’importanza e le implicazioni del rapporto, mentre Ben Doherty sul Guardian guarda più da vicino al focus del rapporto sull’Australia ed i suoi respingimenti in mare.

10. Una mappa delle responsabilità per la “crisi dei rifugiati”

Se centinaia di migliaia di persone sono costrette alla fuga dalle proprie case, è anche (o forse sarebbe meglio dire soprattutto?) colpa degli Stati europei che, attraverso le proprie esportazioni di armi, vanno a fomentare quei conflitti e violenze che costringono alla migrazione forzata. Una mappa interattiva di Centre Delàs mette in luce la connessione tra il business europeo e la “crisi dei rifugiati”.

 

Foto di copertina: Manifestazione antirazzista a Torino – via Luca Perino (CC BY-NC-ND 2.0).

Etichettato con:Bangladesh, Birmania, Calais, caporalato, centri di detenzione per migranti, Corte penale internazionale, Cronache di ordinario razzismo, Ero straniero, esportazione armi, Giungla, integrazione, Libia, Lunaria, Manus, morti di confine, razzismo, Rohingya, sfruttamento, sindrome della rassegnazione, Svezia

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