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Homepage >> Web review >> I 10 migliori articoli su rifugiati e immigrazione 47/2016

I 10 migliori articoli su rifugiati e immigrazione 47/2016

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29 novembre 2016
Immigrazione e post-verità: come cambiare un dibattito in cui sui fatti prevalgono le convinzioni personali? Poi, in Italia: tre proposte concrete per uscire dalla fabbrica della clandestinità di stato per migranti e l’importanza di dare (almeno) un nome ai morti in mare. Ma anche i rifugiati usati come merce di scambio in Turchia, il grosso grasso business delle frontiere in Europa e il potenziale rivoluzionario dell’identità digitale globale per milioni di persone.

1. Immigrazione e post-verità: quando sui fatti prevalgono le convinzioni personali

La parola del 2016? “Post-truth”, e cioè post-verità, stando all’Oxford Dictionary.
Nel post-Brexit e post-presidenziali americane, l’opinione pubblica appare oggi più che mai condizionabile (e condizionata) da fattori diversi da dati e fatti verificati. Questo soprattutto quando si parla di immigrazione, tema che è stato centrale tanto nella campagna che ha condotto il Regno Unito quanto in quella presidenziale di Donald Trump.
Carta di Roma ne parla con il sociologo delle migrazioni Nando Sigona.

2. Immigrazione in Italia, tre proposte concrete per uscire dalla “fabbrica della clandestinità di stato”

Il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo in Italia è stato eloquentemente definito “una fabbrica della clandestinità di stato”. Una situazione inaccettabile, per cui esistono però delle possibili soluzioni: la creazione di strade legali di ingresso in Europa come i canali umanitari, la concessione di visti per motivi di studio e di lavoro, e, soprattutto, il riconoscimento della protezione umanitaria a tutti i migranti arrivati in Italia dopo essere transitati dalla Libia e aver compiuto la traversata del Mediterraneo. L’approfondimento di Annalisa Camilli per Internazionale.

3. Iniziare il viaggio da migrante, finirlo da persona bisognosa di protezione

Del resto, è evidente che durante il disperato “viaggio della speranza”, anche quelli che erano partiti come “meri” migranti economici diventano – dopo tutte le violenze e gli abusi, tutti i traumi e la sofferenza – persone bisognose e meritevoli di protezione.
L’articolo di Lizzie Dearden sull’Independent.

4. I morti in mare meritano almeno un nome

Per è arrivato il riconoscimento della protezione, per chi non ce l’ha fatta almeno un nome.
Sempre Annalisa Camilli scrive su Internazionale del sistema di identificazione dei morti nel Mediterraneo in cui il nostro paese fa scuola: mentre continua ad aumentare la drammatica conta dei migranti che hanno perso la vita nella disperata traversata, dare un nome ai morti in mare è fondamentale per dare pace a chi resta ma anche per rispettare la dignità degli scomparsi.

5. Borders Wars, il grosso grasso business delle frontiere

La sicurezza dei confini è un business enorme, che si stima crescerà fino a 50 miliardi di euro nel 2022. A guadagnare sulla pelle dei migranti sono le aziende del settore militare che forniscono tecnologia e attrezzature all’Unione europea per alzare muri e respingere i rifugiati.
L’articolo di Michele Sasso per l’Espresso.

6. La Turchia di Erdogan e i rifugiati come merce di scambio

La situazione in Turchia è davvero preoccupante e il Parlamento Europeo ha dunque votato la sospensione della richiesta di adesione all’UE. Erdogan reagisce minacciando di far saltare l’accordo sui rifugiati: persone usate come merce di scambio, una vergogna di cui anche la UE è responsabile.
Ne scrivono il Guardian e Al Jazeera.

Le lunghe file durante le operazioni di sgombero. PH: Sara Prestianni.

Le lunghe file durante le operazioni di sgombero. PH: Sara Prestianni.

7. Calais, “missione compiuta”? Niente affatto

E in Francia che succede?
Lo sgombero della “giungla” di Calais non ha portato ad altro risultato se non quello di costringere un’altra volta i migranti a fuggire. Continua così l’odissea tragica di migliaia di persone in cerca di una vita migliore, nella continuata incapacità delle istituzioni di dare risposte reali al problema. L’approfondimento di Marta Welander e Leonie Ansems de Vries su Open Democracy.

8. Dove sono finiti i minori di Calais?

Nel contesto del dislocamento forzato di migliaia di persone a Calais, particolarmente evidente è il dramma dei minori non accompagnati, vere vittime di questa assurda intransigenza. Secondo le associazioni umanitarie un terzo dei minori che abitavano a Calais sono oggi dispersi – una grave responsabilità delle autorità francesi e dell’Europa tutta. E pare non andare bene nemmeno a quanti si trovano nei centri di accoglienza governativi. Harriet Agerholm per l’Independent sui minori scomparsi e Mark Townsend per il Guardian sui minori costretti a lavorare per niente.

9. Lo sfruttamento dei migranti in Sicilia

Il reportage di Lorenzo Tondo per il Guardian racconta la durissima vita dei migranti africani in Sicilia, dove in migliaia vivono in condizioni estremamente precarie e lavorano in condizioni di semi schiavitù nei campi.

10. Identità digitale globale: come 60 milioni di rifugiati potranno dimostrare chi sono

Come si può (e si deve) implementare l’identità digitale nell’era della migrazione globale? Un argomento importante (e di cui abbiamo già parlato con Margie Cheesman), spiegato da Dakota Gruener di ID2020 su Apolitical.

IMMAGINE DI COPERTINA: European Commission DG Echo (CC BY-NC-ND 2.0).

Etichettato con:Calais, identità digitale globale, immigrazione in Italia, Mediterraneo, morti in mare, post-verità, Turchia

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