1. Secondo l’autorità greca sui rifugiati (e non solo), la Turchia non è un paese sicuro
La commissione d’appello greca responsabile per l’esame dei ricorsi dei profughi ha accolto la richiesta di un richiedente asilo siriano che si era opposto al suo ritorno obbligatorio in Turchia in conformità all’accordo stretto tra l’Unione Europea ed Ankara. L’autorità ellenica ha infatti detto chiaramente che la Turchia non si può considerare un «paese terzo sicuro» (come del resto già più volte sottolineato da altre autorità, come l’European Council of Refugees and Exiles). Questa pronuncia dal forte valore simbolico potrebbe rimettere in discussione la stessa base legale dell’accordo, sottolinea il Guardian.
2. L’umanità schiacciata nell’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia
La Grecia diventata una grande prigione a cielo aperto, le gravi e sistematiche negazioni e violazioni dei diritti dei profughi in Turchia, le grandi questioni politiche irrisolte. Ecco perché il patto siglato tra i leader europei e Erdogan non convince nemmeno un po’, da nessun punto di vista – spiegato da Valigia Blu.
3. È (anche) una questione di genere
Donne e bambini rappresentano oramai la maggioranza dei profughi in arrivo in Europa, eppure i bisogni specifici di questi soggetti non sono adeguatamente considerati e protetti. Di questa lacuna sono consapevoli anche le massime autorità internazionali, tanto che risolvere il problema del “gender gap” nell’azione umanitaria e l’emergenza dei minori sono le priorità del World Humanitarian Summit in corso in questi giorni.
Quella di genere è una questione davvero ampia e complessa, di cui ci siamo occupati anche noi nella specifica dimensione italiana e che viene ora affrontata in profondità dalla inchiesta in tre parti di Refugees Deeply.
4. L’ottimismo del Refugees Welcome Index (soprattutto sulla Cina)
Secondo un sondaggio mondiale condotto da GlobeScan – per la precisione in 27 paesi, su un campione di 27.000 soggetti – le politiche sui rifugiati non riflettono affatto gli orientamenti dell’opinione pubblica. Stando ai risultati dello studio, la maggior parte delle persone (e cioè l’80% dei rispondenti) è favorevole ad accogliere rifugiati nel proprio paese. Amnesty International, che ha divulgato lo studio, sottolinea come i risultati del Refugees Welcome Index dimostrerebbero in maniera inequivocabile come le politiche sull’immigrazione adottate dai governi di tutto il mondo siano lontane dalla volontà dei cittadini, decisamente aperti ad accogliere profughi. Ma secondo alcuni la realtà è purtroppo un’altra – e del resto se la Cina risulta il paese più accogliente del mondo per i profughi ci deve per forza essere un fraintendimento tra le parti, spiega Quartz.
5. I rifugiati dimenticati dell’America centrale
La bella inchiesta di The Intercept racconta il dramma dei tanti uomini in fuga da paesi dell’America centrale come El Salvador, Guatemala e Honduras per sfuggire alla violenza delle bande criminali. Di loro non si parla quasi più, perché il numero dei richiedenti asilo in arrivo negli Stati Uniti si è drasticamente ridotto nell’ultimo biennio – peccato che questo sia solo un effetto dell’accordo tra l’amministrazione Obama e le autorità di frontiera messicane, che ha fortemente intensificato i controlli sul confine, i respingimenti e le deportazioni. Del resto, anche per i pochi che riescono ad arrivare negli Stati Uniti e presentare la propria richiesta d’asilo è davvero difficile trovare protezione.
6. Lezioni storiche di accoglienza: il modello del “Kindertransport”
Durante il secondo conflitto mondiale, il Regno Unito accolse 10.000 minori per salvarli dai nazisti grazie al famoso programma umanitario “Kindertransport”. Perché il governo di Cameron non è oggi capace di dimostrare la stessa umanità verso le migliaia di minori non accompagnati in fuga dagli orrori della guerra? L’approfondimento di Quartz.
7. L’accoglienza dei rifugiati come investimento
Quella che abbiamo davanti è la più grande crisi umanitaria dai tempi della seconda guerra mondiale, e rispondere in maniera adeguata, offrendo accoglienza ai milioni di persone in fuga da guerre, persecuzioni e povertà, è prima di tutto un imperativo morale. Ma anche qualora si volesse impostare il ragionamento in termini di sostenibilità economica, il risultato è univoco: investire nell’accoglienza ripaga eccome, dimostra infatti un recente studio dell’economista Philippe Legrain per The Tent Foundation – commentato da Washington Post e Guardian.
8. Un fact-checking per l’Australia: i rifugiati non sono affatt0 “analfabeti”
Il ministro dell’immigrazione australiano Dutton ha descritto i profughi in arrivo nel paese come «analfabeti» (e intenzionati a rubare lavoro ai locali). Un’affermazione che ha fatto ovviamente parecchio discutere, e la cui accuratezza è stata oggetto di scrupoloso fact-checking da parte di The Conversation e del Guardian. In breve? Quanto detto da Dutton è smentito dai fatti: i dati più recenti dimostrano infatti che la maggior parte dei rifugiati ha ricevuto almeno una educazione secondaria e contribuisce in maniera positiva al mercato del lavoro.
9. Migrazioni e media: il punto di Carta di Roma sulla situazione italiana
Come raccontano la grande tematica delle migrazioni i media italiani? Nel nostro approfondimento avevamo sottolineato la tendenza alla “normalizzazione” nel framing mediatico italiano.
Guardando agli sviluppi del 2016, secondo l’analisi di Carta di Roma si è parlato molto di politiche sull’immigrazione ma meno di sbarchi, salute e razzismo. Permangono criticità relativamente alla completezza e all’accuratezza dell’informazione (ad esempio con i dati effimeri su incrementi negli arrivi e “nuove rotte”) e soprattutto riguardo all’utilizzo di un linguaggio allarmista.
10. I grandi classici su rifugiati e migrazioni
Niente di nuovo sotto il sole: il fenomeno delle migrazioni è antico quanto l’uomo, ed a raccontarlo ci hanno già provato davvero in tanti. Patrick Kingsley per il Guardian propone una selezione di 10 grandi classici in materia, partendo da Virgilio e arrivando ad Eggers.