1. Onu: Italia responsabile per la strage dei bambini dell’ottobre 2013
Il Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite ha condannato l’Italia per non aver risposto prontamente alle richieste di soccorso provenienti da un’imbarcazione su cui viaggiavano 400 persone, poi naufragata l’11 ottobre del 2013. Come ricorda Oiza Q. Obasuyi, che ricostruisce qui la vicenda, nel naufragio morirono 268 persone in prevalenza siriane e palestinesi, tra cui 60 bambini.
Secondo il documento pubblicato il 27 gennaio dal Comitato “l’Italia non è riuscita a proteggere il diritto alla vita” delle persone a bordo dell’imbarcazione per non aver il nostro paese, come ricostruisce su Repubblica Alessandra Ziniti, “risposto prontamente a varie chiamate di soccorso giunte dalla barca partita nella notte del 10 ottobre 2013 dal porto libico di Zuwarah. [..] In particolare, l’Italia ha omesso di spiegare il ritardo nell’invio della sua nave della marina, ITS Libra, che si trovava a solo un’ora circa dalla scena del dramma”.
Per tutti quelli che giocano a scarica barile mentre uomini, donne e bambini muoiono in mare: per l’ONU “l’Italia è responsabile per la strage dei bambini dell'ottobre 2013". Meglio tardi che mai #Memoria #DirittoAllaVita #Soccorso #Migranti Mediterraneo https://t.co/RcACYVvwrp
— GiusiNicolini (@giusi_nicolini) January 28, 2021
“Secondo l’avvocato Andrea Saccucci, esperto di diritto internazionale e diritti umani, quella di ieri è una decisione storica, che per la prima volta mette nero su bianco gli obblighi di soccorso degli stati anche in acque internazionali e in zone Sar di competenza di altri paesi”, scrive Kevin Carboni su Wired.
Fabrizio Gatti – che prima con una serie di inchieste su L’espresso e poi con il film-documentario “Un Unico Destino” ha il merito di aver provocato la riapertura delle indagini – spiega in questo articolo che ora “l’Italia ha centottanta giorni di tempo per spiegare al Comitato delle Nazioni Unite per i Diritti umani cosa intende fare per ripristinare la verità dei fatti sul naufragio”, mentre assieme a Malta è tenuta a risarcire i sopravvissuti.
Pochi giorni fa era iniziato il processo contro i comandanti delle sale operative della Marina militare e della Guardia costiera, in questo articolo vi raccontavamo a che punto eravamo rimasti.
2. Aggiornamenti dalla Bosnia
Non migliorano le condizioni delle migliaia di donne e uomini rimaste senza riparo a seguito dell’incendio che, la vigilia di Natale scorsa, ha distrutto il campo profughi di Lipa: “le loro condizioni restano estremamente precarie, con forniture idriche assolutamente limitate, servizi igienici del tutto inadeguati e insufficienti, e con gli ospiti, fra i quali tanti minori, privi di calzature e indumenti adeguati ad affrontare il gelo eppure costretti a un continuo contatto con un terreno coperto di neve o di fango”.
Nel frattempo, una delegazione composta da quattro Eurodeputati eletti tra le file del PD, sono stati bloccati dalla polizia croata (qui la ricostruzione dell’eurodeputato Majorino) mentre tentavano di raggiungere la località di Lipa in Bosnia per documentare le condizioni dei migranti lì bloccati:
“Fermati dalla polizia croata ben prima del confine con la Bosnia. Ispezionare il confine è un nostro diritto, è un nostro dovere. [..] I confini d’Europa lungo la rotta balcanica sono ben oltre questo nastro, eppure la polizia croata non ci permette di andare avanti. Non consente, cioè, a quattro eurodeputati, nell’esercizio delle loro funzioni, di vedere coi propri occhi i confini d’Europa”.
Quello che fa la polizia croata ai migranti purtroppo lo sappiamo. Lo hanno denunciato giornalisti e ong in diversi report, almeno dal 2017.
Quello che non si dice è che lo fa con la complicità dell’Ue (e dell’Italia)
Qui per esempio ne parla Amnesty https://t.co/RStRchbw3Q https://t.co/847DWS1FeJ
— Eleonora Camilli (@EleonoraCamilli) January 31, 2021
Le autorità croate rispediscono al mittente le accuse: “provocazione per screditare il nostro Paese”, mentre intanto preoccupano le condizioni di oltre 500 minori non accompagnati costretti anche loro al gelo – qui la denuncia di Save the Children.
3. Accordo Italia-Libia: 4 anni di fallimenti, abusi e torture
“Il bilancio, a quattro anni dall’accordo Italia-Libia sul contenimento dei flussi migratori, è sempre più desolante e riflette il fallimento della politica italiana ed europea, che continua a stanziare fondi pubblici col solo obiettivo di bloccare gli arrivi nel nostro paese, a scapito della tutela dei diritti umani e delle continue morti in mare. Senza disegnare nessuna soluzione di medio-lungo periodo per costruire canali sicuri di accesso regolare verso l’Italia e l’Europa”. Lo sottolineano, in un appello congiunto al Parlamento, le organizzazioni umanitarie ASGI, Emergency, Medici Senza Frontiere, Mediterranea, Oxfam e Sea-Watch.
“Oltre 785 milioni spesi dall’Italia per sostenere un accordo che, senza fermare le morti in mare, ha consentito il respingimento in Libia di 50 mila persone (12 mila solo nel 2020)”. Come si può leggere su Redattore Sociale, le organizzazioni chiedono un’immediata revoca degli accordi bilaterali e il ripristino di attività istituzionali di Ricerca e Soccorso nel Mediterraneo centrale.
4. Protezione internazionale è boom di ricorsi
“Sono oltre 140mila le richieste di asilo presentate dai migranti che attendono una risposta da parte delle autorità italiane. La maggioranza (quasi 95mila) aspetta il responso delle Sezioni immigrazione dei tribunali che decidono sui ricorsi contro le bocciature delle domande da parte delle Commissioni territoriali del ministero dell’Interno, cui spetta il primo esame delle richieste. Le pendenze si sono impennate soprattutto nel 2019 (+53% rispetto all’anno prima), spinte dall’aumento dei nuovi ricorsi.” Come spiegano su Il Sole 24 Ore Valentina Maglione e Bianca Lucia Mazzei, infatti, “a ottobre 2018 il decreto sicurezza 113, voluto dall’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini (e ora modificato dal decreto legge 130 del 19 ottobre 2020), aveva infatti cancellato il permesso di soggiorno per protezione umanitaria, che era la tipologia di protezione più “concessa” dalle commissioni territoriali, rispetto allo status di rifugiato e alla protezione sussidiaria. Una stretta che aveva fatto crescere da subito i “no” dal 60-63% all’80% e, a cascata, incrementato le impugnazioni.”
🍾🇮🇹 A due anni dall'abolizione della protezione umanitaria, grazie al #DecretoImmigrazione la protezione speciale torna finalmente ad ampliare le protezioni internazionali.
In questi due anni il #DecretoSicurezza ha creato 41.000 irregolari in più.
La peggior scelta possibile. pic.twitter.com/AODx94fpto— Matteo Villa (@emmevilla) January 28, 2021
5. A Malta denunce di maltrattamenti tra i migranti
L’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO) con sede a La Valletta, Malta, avrebbe ricevuto segnalazioni di torture fisiche da parte di migranti trattenuti nei centri del paese.
La denuncia arriva dal blogger e attivista Manual Delia, che in questo articolo sul Times of Malta riferisce come, nonostante la conferma dell’Easo di contatti con le autorità per discutere del tema, il ministero degli affari interni neghi di aver ricevuto rapporti di maltrattamenti fisici ai detenuti.
Delia avrebbe ottenuto queste informazioni da una fonte anonima. La fonte denuncerebbe come diversi migranti trattenuti riferiscano di essere stati “picchiati, di avere i denti danneggiati da percosse al viso e di essere stati portati in una stanza per essere picchiati e lasciati soli per diverse ore”.
6. Ventimila rifugiati dispersi in Etiopia
Le Nazioni Unite riferiscono che quasi ventimila rifugiati, la maggior parte dei quali eritrei, fuggiti dai campi nella regione del Tigray – devastata dalla guerra che contrappone forze locali a quelle di Addis Abeba – sarebbero al momento dispersi. Il conflitto nel Tigray ha provocato decine di migliaia di sfollati, come riporta Al Jazeera, già a gennaio immagini satellitari mostravano la distruzione dei due tra i campi profughi più grandi della regione.
7. Myanmar: quale futuro per i Rohingya
Nuovo colpo di Stato in Myanmar, dove i militari hanno preso il potere e dichiarato lo stato di emergenza per un anno dopo giorni di tensione crescente sul risultato delle elezioni parlamentari di novembre.
Le Nazioni Unite – per bocca del portavoce Stephane Dujarric – fanno sapere di temere che questo possa tradursi in un peggioramento delle condizioni delle centinaia di migliaia di Rohingya ancora nello stato di Rakhine
“Ci sono circa 600.000 Rohingya che rimangono nello stato di Rakhine, comprese 120.000 persone che sono effettivamente confinate in campi, non possono muoversi liberamente e hanno un accesso estremamente limitato ai servizi sanitari ed educativi di base”, ha dichiarato Dujarric.
Intanto, come riporta Avvenire, al di là del confine “oltre 1.400 profughi di etnia Rohingya, sono stati ricollocati dal Bangladesh nell’isolotto di Bhasan Char, nella Baia del Bengala, dove fin da dicembre è cominciata la deportazione. Salgono così a circa 6.700 i Rohingya trasferiti sulla piccola isola, in un insediamento apposito, secondo alcuni a rischio di inondazioni e tempeste. La terraferma dista parecchie ore di navigazione e i Rohingya non sono autorizzati a lasciare l’isola.”