- Vertice di Tunisi: all’inizio della settimana è stato annunciato l’esito di un vertice del gruppo di contatto Africa-Europa a Tunisi, sollecitato dalle Nazioni Unite, allo scopo di stabilire controlli e filtri delle richieste di asilo sul campo nei paesi che si trovano sulla rotta dei migranti verso la Libia e l’Europa – come il Mali, il Niger, il Burkina Faso, l’Etiopia, il Ciad e il Sudan – e per limitare di almeno 20 mila unità l’anno gli arrivi sulle coste italiane. Il coinvolgimento africano vede anche la partecipazione inedita di paesi come l’Algeria. Nell’occasione, il Commissario Ue per le migrazioni Avramopoulos ha ricordato l’impegno dell’Europa negli aiuti economici alla Tunisia.
- La Francia vuol fare da sé: in una settimana fitta di exploit autonomi del nuovo presidente Macron, che vanno dalla questione migranti al destino di STX/Finmeccanica, l’Eliseo non solo ha invitato per un incontro il premier libico riconosciuto Fayez al Serraj e il suo oppositore in Cirenaica Khalifa Haftar senza avvisare l’Italia, ma ha anche annunciato di voler allestire hotspot francesi per la gestione su suolo libico delle richieste d’asilo. Un’affermazione che è sembrata scavalcare il ruolo cruciale dell’Italia e della Ue, ed è stata ritrattata dopo una telefonata del governo italiano.
- Navi militari italiane in acque libiche: il governo italiano ha annunciato che impegnerà in acque libiche sei navi di supporto alla guardia costiera locale, con centinaia di uomini e l’ausilio di mezzi aerei. L’idea è di replicare la missione Alba che fermò il flusso migratorio dall’Albania alla fine degli anni Novanta. Inoltre, è prevista una task force di coordinamento anche su suolo libico, in quella che si prospetta a tutti gli effetti non come un’operazione umanitaria ma di polizia internazionale, tanto che è previsto che si utilizzi il modello Sofa della Nato che prevede l’immunità per i militari su suolo straniero. A parte eventualità non meglio precisate di “pericolo” – in cui i migranti sulle imbarcazioni verranno soccorsi ma comunque ricondotti in Libia – la missione nega di voler effettuare respingimenti ma di fatto fermerà le imbarcazioni prima delle acque italiane per farle tornare verso il luogo di partenza, dove la situazione è incerta e finora i tentativi di collaborare con i libici non sono mai andati a buon fine. I migranti respinti finirebbero così in annunciati campi profughi su suolo libico previe “garanzie sui diritti umani” che – vista la nota condizione di abusi, stupro, tortura e sfruttamento degli attuali campi in Libia – difficilmente potrà essere garantita da governo libico e Alto Commissariato per i Diritti Umani già entro la prima settimana di agosto, quando l’Italia vorrebbe attivare la misura previa approvazione del parlamento.
- Il codice di condotta per le Ong: parallelamente all’annuncio della missione navale, il Ministro degli Interni Minniti sta negoziando con le Ong impegnate nei soccorsi il cosiddetto “codice di condotta” da sottoscrivere per poter continuare a operare nel Mediterraneo. Sembra sia stata la Ue a suggerire che il codice non venisse imposto ma potesse essere discusso sulla base dell’esperienza concreta delle Ong in mare, che in due anni hanno salvato decine di migliaia di persone. La bozza di codice di condotta, che pure potrebbe differire di molto dalla versione finale che verrà sottoscritta, mostra un elenco di misure quasi identiche a quelle che le Ong erano già tenute a rispettare sotto il coordinamento della Guardia Costiera, fatta eccezione per il divieto di segnalazione con luci o altro, il divieto di trasbordo e la presenza di polizia giudiziaria a bordo. L’idea di un codice da sottoscrivere ex novo non fa che legittimare l’idea circolata sui media in questi mesi che prima le Ong agissero di testa loro, quando invece sono sempre state sotto il coordinamento del comando della Guardia Costiera, sempre con i transponder accesi, sempre riportando ogni due ore la loro posizione, sempre trasbordando le persone su imbarcazioni più grandi per farle arrivare in porto solo nel caso di una limitata capacità a bordo. Nella bozza di codice c’è anche un riferimento al divieto di sconfinamento in acque libiche, una misura teorica mai applicata nemmeno dalla stessa Guardia Costiera italiana, che storicamente si è sempre avventurata in acque libiche in caso di bisogno, così come le imbarcazioni libiche in acque italiane (“come previsto dalla convenzione di Amburgo”, spiegava già nel 2015 il Comandante della Guardia Costiera di Lampedusa). In ogni caso, ogni voce della bozza di codice sembra però contemplare una deroga “in caso di emergenza”, caso non meglio precisato in un contesto in cui i salvataggi sono di fatto emergenze quotidiane. In un contesto normativo non del tutto esaustivo, in cui l’esperienza delle navi private impegnate nello sforzo umanitario non ha molti precedenti, può essere utile leggere la guida ai diritti in mare preparata da Cild.
Le Ong, che sono un insieme eterogeneo di grandi e piccole, alcune impegnate su fronti molto più ampi e alcune con operazioni di salvataggio nate ad hoc, hanno posizioni diverse, ma nell’insieme l’incontro di martedì 25 luglio le ha viste preoccupate soprattutto dai punti che riguardano le novità del divieto di trasbordo delle persone salvate su altre imbarcazioni, e la presenza della polizia giudiziaria a bordo – una misura in assoluta contraddizione con le operazioni civili e la sicurezza a bordo. Per Sandra Hammamy di SeaWatch, alcuni dei punti proposti nel codice violano le leggi marittime, mentre Gunter Koertel di Sea Eye è pessimista sul fatto che si possa raggiungere un accordo col Viminale in pochi giorni. Medici Senza Frontiere ha invece reso noto venerdì 28 luglio quali sono i punti del codice su cui chiede garanzie, ai quali aggiunge le sue forti preoccupazioni sul trattamento che verrà riservato alle persone trattenute nei campi. Alla fine della seconda riunione con il Viminale venerdì 28, invece, la decisione finale è stata rimandata a lunedì 31 luglio alle 16, con un ultimo incontro in cui il Ministero presenterà il testo rivisto dopo le consultazioni con le Ong, che solo a quel punto decideranno se possono sottoscriverlo. Save the Children si dice fiduciosa, Msf più prudente e preoccupata di possibili interferenze nelle procedure di assistenza medica alle persone soccorse, ma le Ong rilevano una generale disponibilità del Ministero, particolarmente sul rinunciare al divieto di trasbordo su altri mezzi; altri punti restano ancora delicati, come la loro richiesta che la polizia salga a bordo solo disarmata e solo in alcune circostanze. Il Viminale si è detto soddisfatto dei passi avanti. Qui potete leggere un resoconto esaustivo della riunione di venerdì.
- Infine, in mare si continua a morire: è bene ricordare che mentre accadeva tutto questo, il 25 luglio morivano in mare almeno 11 persone e centinaia venivano salvate dall’annegamento dallo sforzo coordinato di Ong e Guardia Costiera italiana, e Missing Migrants annunciava che nel 2017 hanno già perso la vita o sono disperse sulle rotte migranti 3.282 persone, di cui 2.377 soltanto nel Mediterraneo.