Nella palestra Espace Jeunes du Moulin a Grande-Synthe, nella periferia di Dunkerque, il fermento aumenta verso sera. I volontari si affannano per rispondere alle domande delle persone raccolte nel centro sportivo, le file per il bagno si allungano, e Naza si prepara.
Le hanno detto che stasera, se saranno abbastanza svelti, potrebbe essere la volta buona per trovare un passaggio verso l’Inghilterra. Allora ha infilato tutte le sue cose in un piccolo zaino azzurro, provocando il finimondo tra i bambini che se ne sono accorti. Qualcuno scoppia a piangere e corre a lamentarsi dai genitori, poiché Naza ha sette anni, e le cose che ha messo nello zainetto per portarle via sono i giocattoli di tutti.
Le donne di Grande-Synthe
La madre di Naza, Birwa, prende in disparte le ragazze del Women’s Centre e parla sottovoce: “ho bisogno di un consiglio legale”. La polizia italiana le ha preso le impronte quando la famiglia è arrivata dal Kurdistan iracheno un anno fa, ma non è in Italia che intendono presentare la richiesta di asilo. Secondo il Regolamento di Dublino, se Birwa venisse sorpresa a oltrepassare il confine illegalmente, verrebbe deportata nel paese dove è avvenuta la schedatura in prima istanza.
Birwa è al quarto mese di gravidanza e vorrebbe che suo figlio nascesse nel Regno Unito, in modo che dopo sia “più facile rimanere”. Deve partire. Però il timore di dover ricominciare il viaggio praticamente da capo, e incinta, la fa tentennare. Del resto, è il marito a decidere per lei.
Frances Timberlake fa la volontaria per il Women’s Centre a Grande-Synthe e ha iniziato un progetto sull’esperienza migratoria dal punto di vista femminile. “Le donne adulte che sono qui rappresentano una minoranza e non viaggiano quasi mai da sole, sono sempre in compagnia di marito e figli”, spiega. “Mentre quelle che arrivano a Calais tendono ad arrivare sole, il che le espone alla violenza e a un rischio elevato di tratta”.
Frances ritiene che la ragione dietro questa differenza sia da ricercare nei paesi di origine e nel percorso diverso che queste donne hanno intrapreso. Curiosamente, a Grande-Synthe arrivano in gran parte curdi del Kurdistan iracheno. In passato, a Calais, ci sono state risse con persone di altre nazionalità, e questo ha creato una divisione per gruppi. “È molto probabile che un trafficante lavori in quella regione e li mandi tutti insieme, perché a quanto pare non si conoscono fra di loro”, aggiunge Sabine, che aiuterà Frances con il suo progetto traducendo per lei.
Nei casi disperati i volontari trovano una sistemazione provvisoria per i migranti costretti nel parco Puythouck. Gli infermieri e le ostetriche di Gynécologie Sans Frontières (Gynsf) curano anche molti uomini, ma assistono in modo particolare le donne senza tetto. “Abbiamo un numero di emergenza disponibile 24 ore su 24 sette giorni su sette per donne specialmente vulnerabili, vittime di violenza sessuale, con bambini piccoli, o giovani a loro volta”, dicono. “Possono chiamarci, noi le andiamo a prendere e le portiamo in un appartamento sicuro, dove possono restare al massimo due o tre giorni. ll luogo esatto del rifugio è segreto, per evitare ripercussioni”.
Nell’infinita attesa di attraversare
Stabilire quante persone si trovano nel Nord della Francia dopo la chiusura della Giungla di Calais è quasi impossibile, se si escludono i Centres d’Accueil et d’Orientation che ospitano i richiedenti asilo (oltre 100 mila nel 2017 in tutto il paese – una cifra record). A ottobre scorso, l’ultimo rapporto di Refugee Rights Europe sulla zona di Calais indicava circa 700 persone, provenienti soprattutto da Afghanistan, Etiopia, Eritrea e Sudan. Nello stesso rapporto si trova la prima indagine sul campo – effettuata lo scorso ottobre – sui motivi che spingono tante persone a vivere in questi campi di fortuna, nella speranza non già di vivere in Francia ma di attraversare la Manica, e sulle ragioni che fanno loro preferire il Regno Unito a tutti gli altri paesi. Meno del 3 per cento delle persone intervistate ha dichiarato di voler restare in Francia, mentre il 92 per cento crede che il Regno Unito sia il paese migliore dove andare.
Grande-Synthe è un nodo minore lungo le rotte dei migranti. Secondo i calcoli delle Ong che operano nell’area, oggi all’Espace Jeunes du Moulin ci sono 217 persone. Naturalmente, i numeri variano appena qualcuno riparte, senza alcun preavviso: si stimano dalle 10 alle 20 donne adulte, 100, a volte 200 uomini adulti, fra i 10 e i 25 bambini insieme ai genitori e altri 40-60 non accompagnati.
Non esistono conteggi ufficiali, dal momento che ci sono soltanto sistemazioni d’emergenza dovute al freddo acuto. Sull’ondata delle proteste delle associazioni umanitarie, prima di Natale, il governo francese ha messo a disposizione a Calais dieci container per donne e bambini e un capannone per gli uomini. La decisione di aprire le porte dell’Espace Jeunes du Moulin lo scorso dicembre è invece venuta dal comune, non dal governo, e sempre il comune ha interamente finanziato l’iniziativa.
Eppure non tutti hanno trovato rifugio e molti hanno continuato a dormire all’addiaccio. Nel parco Puythouck a Grande-Synthe sembra ci siano 150 persone, fra cui due famiglie con bambini piccoli. Anche questo accampamento viene chiamato ‘giungla’ ed è destinato ad affollarsi.
Cosa succederà a primavera
“La prefettura ha deciso che il comune potrà accettare soltanto una parte delle nuove domande di accoglienza nella palestra, e che tutti i rifugi chiuderanno dopo il 31 marzo. Sono molto severi su questo perché pensano che i ripari costituiscano un fattore di attrazione”, dice Frances. “Ma le persone continuano a venire qui e si sistemano a Puythouck. C’era una fontanella nel parco ed è stata chiusa per togliere accesso all’acqua, i volontari sono stati invitati a distribuire cibo e medicinali soltanto nella palestra, la polizia all’alba porta via tende e sacchi a pelo, hanno persino tagliato gli alberi del parco cittadino per impedire alle persone di nascondersi fra i rami”.
Frances ammette: “Non sappiamo cosa succederà ad aprile”, cioè quando chiuderà la palestra. Intanto, la prefettura del Nord e la sotto-prefettura di Dunkerque non hanno risposto a nessuna delle nostre domande.
La nuova legge di Macron
Alla politica francese sta a cuore eliminare i cosiddetti pull factor, i fattori di attrazione, se non proprio spingere i migranti a lasciare il paese il più in fretta possibile. A meno di un anno dalla sua elezione a Presidente della repubblica, Emmanuel Macron ha dimostrato di volere imporre il suo punto di vista sulla questione – in modo così intransigente che, come ha fatto notare il New York Times, la sua politica migratoria ha ricevuto meno critiche dal Front National di Marine Le Pen che dalla sinistra francese.
A fine settembre 2017, l’Agence France-Presse si era procurata una copia del nuovo progetto di legge sull’immigrazione, che implicava il prolungamento del periodo di reclusione per gli stranieri in attesa di espulsione, dai 45 giorni attuali a 90. Nella seconda settimana di febbraio, i magistrati della Corte nazionale per l’asilo hanno scioperato contro queste misure. Macron nel frattempo è passato dalle parole ai fatti e ha approvato la proposta di legge presentata dal governo il 21 febbraio. La durata massima della reclusione in effetti raddoppia, e inoltre, la legge accorcia a 90 giorni dall’arrivo in Francia il tempo a disposizione per presentare domanda di asilo, e prevede fino a un anno di carcere per chi attraversa le Alpi illegalmente. Inoltre accresce il potere della polizia, che potrebbe detenere i migranti trovati senza documenti fino a 24 ore, dalle 16 attuali.
A novembre, il ministro dell’Interno Gérard Collomb aveva dichiarato di voler lottare contro l’immigrazione incontrollata. In occasione dell’Assemblea nazionale per il budget 2018, ha detto: “pensiamo che ci siano circa 300 mila persone in situazione irregolare (…) vogliamo portare avanti una politica per cui quelli a cui viene rifiutato l’asilo siano obbligati a lasciare il territorio”.
Per dissociarsi dalle accuse di disumanità mosse anche da Human Rights Watch, il 16 gennaio Macron ha visitato Calais e parlato a una folla silenziosa di poliziotti: “dovete essere un esempio e rispettare la dignità di tutti (…) Se ci sono degli errori, saranno sanzionati, conformemente alla fiducia che abbiamo in voi”. I poliziotti non hanno applaudito. Allo stesso tempo, Macron ha criticato i volontari che aiutano i migranti e secondo lui incoraggiano “questi uomini e donne a stabilirsi pur in uno status illegale”, e ha aggiunto: “in nessun caso permetteremo la rinascita della Giungla”.
Gli accordi con il Regno Unito
Due giorni dopo, durante il summit bilaterale a Londra, Macron ha ottenuto dal primo ministro britannico Theresa May di aumentare il contributo per la prevenzione degli spostamenti illegali e di accelerare i processi per l’asilo nel Regno Unito.
L’intenzione di Macron era di ristrutturare completamente l’accordo preso da Nicolas Sarkozy e David Blunkett nel 2003, che aveva spostato il confine inglese in Francia e permesso così alla polizia britannica di eseguire i controlli e bloccare i migranti trovati senza documenti al di qua della Manica. L’accordo è rimasto in piedi.
Macron vorrebbe anche spingere il governo britannico a unire le forze armate britanniche e francesi per creare una nuova difesa europea. Ma un portavoce di Theresa May ha dichiarato che l’accordo Touquet “ha sempre funzionato per entrambe le parti” e non ha commentato la proposta di una revisione.
Le persone che si nascondono nelle “giungle” lo fanno a loro rischio e pericolo proprio per poter lasciare il paese da un momento all’altro. Se si guardano i dati del rapporto di Refugee Rights Europe, una percentuale impressionante di persone – circa il 72 per cento di chi era presente lo scorso ottobre a Calais, compresi i minori – è stato arrestato e detenuto da qualche ora a 45 giorni, cioè quello che fino a poche settimane fa era il massimo del periodo di detenzione consentito.
“Lavoriamo e diamo aiuto pur sapendo benissimo che poi la polizia potrebbe fare irruzione e portare via tutto”, dice Frances Timberlake. “Credo che le cose più gravi siano la mancanza di logica nelle procedure e di sicurezza. Le persone hanno bisogno di un posto dove stare e di informazioni legali, che siano per rimanere in Francia o andare nel Regno Unito. Spesso non sanno come chiedere assistenza qui, né come spostarsi in modo legale”.
Morire sognando di attraversare la Manica
Lo scorso 22 dicembre Abdullah Dilsouz, un quindicenne afghano, è morto investito da un camion frigorifero. Stava cercando di raggiungere il fratello a Londra e avrebbe avuto diritto al ricongiungimento familiare. A gennaio si sono susseguiti gli incidenti al confine, e il nuovo accordo franco-britannico per accelerare le prassi d’esame per l’asilo ha comportato un aumento del 25 per cento degli arrivi nel porto di Calais, alimentando le tensioni nazionali.
Il 9 gennaio un migrante è stato trovato morto sulla A16 tra Calais e Dunkerque all’altezza di Marck. La notte del 14 gennaio un altro migrante è stato investito da un treno in rue Armand-Carrel ed è gravemente ferito alle gambe. Il 17 gennaio un furgone che trasportava due curdi iracheni ha ferito un poliziotto che voleva ispezionare il veicolo a Grande-Synthe. Il 25 gennaio a Calais ci sono stati scontri fra le Compagnie Repubblicane di Sicurezza e i migranti, mentre i primi cercavano di smantellare un accampamento vicino al luogo di distribuzione alimentare di rue des Verrotières. Un migrante di 16 anni ha perso l’uso di un occhio. Il primo febbraio a Calais almeno cinque migranti sono stati colpiti a distanza ravvicinata mentre facevano la fila per il pranzo, scatenando una rissa tra afghani ed eritrei in tutta la città. Quattro eritrei di età compresa fra i 16 e i 18 anni rimangono in condizioni critiche in ospedale.
Météo France e il Met Office registrano temperature rigidissime. Anche chi decide di rimanere fermo e nascondersi mette a rischio la proprio salute, fisica e mentale. In questo contesto, il sindaco di Grande-Synthe, Damien Carême, ha annunciato che la città ospiterà la convenzione nazionale sull’accoglienza e le migrazioni l’1 e il 2 marzo – “due giorni di dibattiti, spazi di riflessione e tavole rotonde per decostruire l’approccio repressivo delle politiche migratorie”.
Nel frattempo, le persone continuano a organizzarsi e a cercare passaggi di camionisti per andarsene. Una delle famiglie ospitate a Grande-Synthe è riuscita a passare il confine l’ultima domenica di gennaio e ha raggiunto Dover.
Naza e Birwa non ce l’hanno fatta, e si trovano ancora all’Espace Jeunes du Moulin, dove i volontari di Gynsf assistono regolarmente Birwa e il bambino che nascerà due mesi dopo l’evacuazione della palestra.
In copertina: Grande-Synthe – Naza e i giocattoli che infila nello zainetto quando sente che forse si può finalmente partire per l’Inghilterra (fotografia di Emanuela Barbiroglio)