1. Ancora morti nel Mediterraneo
Oltre 170 migranti sono annegati nell’arco di pochi giorni in due distinti naufragi nel Mediterraneo. L’episodio più grave in termini di perdita di vite umane è quello che si è consumato a largo di Tripoli: su 120 persone a bordo, solo in 3 sono riuscite a salvarsi, mentre i soccorritori non hanno trovato traccia del gommone utilizzato per il trasporto dei migranti.
L’altro naufragio è avvenuto nei giorni scorsi nel Mare di Alboran, tra Spagna e Marocco, e se ne è avuta notizia solo domenica. I morti sono stati 53. “Un sopravvissuto – afferma l’Unhcr – dopo essere rimasto in balia delle onde per oltre 24 ore, è stato soccorso da un peschereccio e sta ricevendo cure mediche in Marocco”.
2. 100 migranti portati in Libia
“Aiutateci, presto non riuscirò più a parlare perché sto congelando”.
Non erano passate che poche ore dalla notizia dei due naufragi che un già un’altra tragedia sembrava doversi ripetere: un centinaio di migranti su un barcone in avaria aspettavano soccorsi a largo della costa libica.
In queste ore un mercantile inviato dalla Guardia costiera libica ha raggiunto il barcone e i migranti sono diretti a Misurata.
Forte il pressing per evitare che siano riportati nel paese nord africano, da molti non considerato un porto sicuro.
“In Italia i porti erano, sono e rimarranno chiusi”. Questo il commento del ministro dell’Interno Matteo Salvini che, in diretta Facebook, prende posizione sulla vicenda. Poi riferendosi ai morti: “è la dimostrazione che se riapri i porti ritornano i morti, quindi no no no, cuori aperti per chi scappa davvero dalla guerra, ma porti chiusi per ong, trafficanti e tutti gli altri”. Parole che sembrano non trovare riscontro nella realtà, visto che il numero dei morti da quando l’Italia ha adottato la politica dei porti chiusi è stato di 1.311.
Smentisco, non esiste alcun centro di raccolta gestito da UNHCR. Solo una struttura di partenza per persone che vengono evacuate dal paese proprio perché non è sicuro. Chi viene riportato in Libia va nei centri di detenzione cui abbiamo accesso limitato.
— Carlotta Sami (@CarlottaSami) January 20, 2019
3. Pull factor: le Ong non fanno aumentare le partenze
Più morti nel Mediterraneo? Colpa delle Ong.
La versione che mette in relazione azioni di soccorso con il numero di partenze (ed incidentalmente con il numero di morti) è stata rilanciata dopo le ultime tragedie anche dal ministro Salvini, ma è falsa.
In questo articolo Francesco Floris e Lorenzo Bagnoli smontavano questa accusa già lo scorso anno. Questo articolo del Post riprende invece le ricerche di Matteo Villa di Ispi, anche lui secco nell’affermare: “il Pull factor delle Ong non esiste”.
Vero invece come suggerisce Giorgia Linardi di Sea Watch “che senza ONG in mare i morti nemmeno si raccontano più”.
Si poteva evitare. Come la strage di ieri.
Siamo arrivati tardi, almeno abbiamo costretto a parlarne.
È sempre più difficile prestare soccorso: le autorità ci alzano muri intorno.
"quando tornano le ONG tornano i morti" perchè senza ONG in mare i morti nemmeno si raccontano più. pic.twitter.com/gY44bpKhRM— Giorgia Linardi (@giorgialinardi) January 19, 2019
Questa la posizione dell’Unhcr a seguito degli ultimi due naufragi:
“Nel 2018, 2.262 persone hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa lungo le rotte del Mediterraneo. L’UNHCR è preoccupata che le azioni degli Stati dissuadano sempre più le ONG dall’effettuare operazioni di ricerca e soccorso, e lancia un appello affinché siano revocate immediatamente”.
4. Open Arms è bloccata a Barcellona, svolta per Aquarius
“Perder tempo significa morire. Mentre Open Arms è bloccata in porto a Barcellona, 8 persone al giorno muoiono nel Mediterraneo”. Questa la posizione dell’Ong Open Arms, la cui nave è bloccata dalla settimana scorsa nel porto di Barcellona.
Intanto, mentre il ministro Salvini applaude alle decisioni della Capitanía Marítima di Barcellona, in Sicilia il Tribunale del Riesame ha annullato il decreto di sequestro dei conti del titolare della “Mediterranean shipping agency” di Augusta, indagato nell’ambito dell’inchiesta sullo smaltimento di rifiuti per il quale era stato anche richiesto il sequestro dell’Aquarius.
5. Ai migranti del Baobab gettate anche le coperte
Non c’è pace per i migranti assistiti dai volontari del centro Baobab: la Polizia è intervenuta a piazzale Spadolini dove i migranti cercavano riparo, portando 18 di loro – sprovvisti di documenti – negli uffici immigrazione della Questura di Roma di via Patini. L’Ama, l’azienda municipalizzata che si occupa della raccolta dei rifiuti, avrebbe poi gettato via le coperte con cui si riparavano: “è venuta solo per buttare le coperte di chi è costretto a vivere in strada” spiegano i volontari. “Nessun altro tipo di intervento è stato fatto nella zona della stazione su piazzale Spadolini, mentre a Roma si muore di freddo. E i posti dell’emergenza freddo non bastano, non ci sono posti per tutti”.
+++DIECI RAGAZZI PORTATI IN VIA PATINI. L'AMA È VENUTA SOLO PER BUTTARE LE COPERTE DI CHI DORMIVA LÌ, NESSUN ALTRO TIPO…
Gepostet von Baobab Experience am Mittwoch, 16. Januar 2019
6. Populismo e migrazione: il rapporto di Human Rights Watch e un’analisi politica
Nonostante le diminuzioni degli arrivi di migranti i leader dell’Unione europea hanno usato le migrazioni per alimentare la paura, giustificare politiche contro i diritti umani e bloccare significative riforme nel 2018.
Ad affermarlo è il rapporto mondiale di Human Rights Watch che non risparmia nemmeno l’Italia.
“Partiti populisti estremisti che hanno adottato agende politiche nazionaliste hanno guadagnato terreno alle elezioni in diversi Paesi esercitando una smisurata influenza sulle politiche europee. Nonostante il gestibile numero di arrivi di migranti ai confini europei, i governi anti-migranti di Italia, Austria e Ungheria, hanno adottato una opportunistica ‘linea dura’ ostacolando accordi sulla riforma delle norme europee sul diritto d’asilo e una equa distribuzione delle responsabilità rispetto agli arrivi di migranti e richiedenti asilo”.
Proprio al rapporto tra migrazioni e populismo è dedicata l’analisi di Paul Taylor, professore di relazioni internazionali della London School of Economics. I leader moderati devono parlare di migrazione, questione sentita dall’elettorato che sull’argomento rischia di sentire la sola versione dei partiti populisti e xenofobi. Questa la posizione del professore espressa su Politico.
7. Nigeria: in migliaia in fuga da Boko Haram
Migliaia di persone hanno trovato rifugio in Camerun a seguito dei violenti attacchi con cui il gruppo di integralisti islamici Boko Haram ha colpito il nord-est della Nigeria. Lunedì scorso più di 8.000 rifugiati hanno attraversato il confine di Bodo dopo che gli attacchi del gruppo terrorista avevano distrutto il centro della città di Rann e ucciso almeno 10 persone.
“Quello che mi ha colpito quando siamo arrivati è stato il silenzio. Di solito Rann è piena di vita, ma ieri era inquietante e silenziosa, come un cimitero. La città è stata devastata e sono devastata nel vederlo“, ha riferito Isa Sadiq Bwala, un’infermiera di Medici Senza Frontiere al Guardian.
L’organizzazione umanitaria è pronta ad aiutare oltre 15mila persone:
Attacco a #Rann: circa 8.000 persone sono arrivate in #Camerun il primo giorno e altre ne arriveranno. Ci prepariamo ad assistere 15.000 persone fornendo cibo, acqua e cure mediche. Hanno perso tutto ciò che avevano e ora hanno bisogno di tutto. https://t.co/xzcNJpuuGw pic.twitter.com/KnI7XCKfxY
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) January 17, 2019
E proprio da Boko Haram era scappato Peter. Arrivato in Italia dopo aver conosciuto le carceri libiche e accusato ingiustamente di essere uno scafista. Le sue conoscenze ingegneristiche ne hanno fatto un eroe e ora finalmente può approfondirle a Cagliari. Tiziana Cauli ci ha raccontato la sua storia.
8. Francia: migranti detenuti in sciopero della fame
Dal 3 gennaio circa 40 persone detenute nel centro di detenzione per migranti (Céntre de Retention – CRA) di Vincennes, non lontano da Parigi, hanno iniziato uno sciopero della fame. A quel gruppo si sono ora aggiunti altri 70 migranti detenuti in un altro CRA a Mesnil-Amelot, sempre nell’area parigina.
Gli scioperanti denunciano la violenza della polizia e la mancanza di accesso a cure mediche adeguate: “Anche gli animali sono trattati meglio di noi” .
9. Germania è record di migranti “dublinati”
Nel 2018 8.658 richiedenti asilo sono stati costretti a lasciare la Germania in base alle regole del Regolamento di Dublino – l’anno precedente erano stati 7.102. Lo rivela Süddeutsche Zeitung che ha pubblicato un rapporto del Ministero dell’Interno dopo un’inchiesta parlamentare del partito Die Linke. La maggior parte dei richiedenti asilo “dublinati” sono stati trasferiti in Italia.
Alle riforme del sistema di accoglienza tedesco e alla stretta sui rifugiati dopo i cambiamenti politici delle scorse elezioni politiche, avevamo dedicato un approfondimento a cura del ricercatore Federico Quadrelli.
Intanto il Bundestag (camera bassa del parlamento tedesco) ha approvato con i voti della maggioranza (Cdu-Spd) dei liberaldemocratici (Fpd) e del partito di estrema destra Alternative für Deutschland le modifiche alla legge che regola il sistema di asilo: secondo le nuove disposizioni, Algeria, Marocco, Tunisia e Georgia sono considerati paesi sicuri, cosa che renderà molto difficile per i loro cittadini chiedere asilo in Germania.
Secondo il ministro degli Interni Horst Seehofer- sostenitore della riforma – gli emendamenti hanno riconosciuto solo ciò che era già una realtà.
10. Salute e migranti: oggi il rapporto OMS sull’Europa
Garantire la salute di migranti e rifugiati non è solo un dovere umanitario, ma è anche nell’interesse delle società che li accolgono, in termini di salute pubblica e di prosperità economica. Lo suggerisce Giovanni Sabato raccontando su Le Scienze due recenti ricerche che affrontano proprio questo tema. La prima è quella dell’UCL-Lancet Commission on Migration and Health, coordinato da Ibrahim Abubakar dello University College London, che presenta “la più completa rassegna dei dati disponibili su migrazione e salute” a livello mondiale.
L’altra è No public health without refugee and migrant health, il rapporto presentato il 21 gennaio dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) che raccoglie per la prima volta i dati su migrazioni e salute nella regione europe.
Nei paesi con un buon sistema sanitario il rischio di contagio di residenti sono minimi, gli aspetti clinici non sono i soli in gioco e contano allo stesso modo elementi strutturali e politici, dalle condizioni sociali che incontrano i migranti alle discriminazioni e all’accesso ai servizi sociosanitari. Questi solo alcuni degli aspetti affrontati nelle due ricerche.
Foto di copertina: Federica Mameli/SOS MEDITERRANEE/Luz