1. In mare non c’è più nessuno ad aiutare – le prime proteste
Dopo il terzo naufragio in pochi giorni, con l’approdo di Open Arms a Barcellona per sbarcare 60 persone rifiutate dall’Italia e il fermo di Sea Watch a Malta senza motivazioni tecniche o legali, nel Mediterraneo centrale non ci sono più imbarcazioni di soccorso delle Ong, né occhi per testimoniare cosa accade durante i “salvataggi” della Guardia Costiera libica. Cominciano a moltiplicarsi le iniziative di protesta, compresa una manifestazione “No Borders” a Ventimiglia indetta per il 14 luglio (che in Francia è il giorno della presa della Bastiglia) per chiedere di istituire un permesso di soggiorno europeo – un’iniziativa che, pur autorizzata dal Comune, ha trovato la contrarietà del sindaco e dell’Anci.
Intanto per sabato 7 luglio Anpi, Arci, Libera e Legambiente e decine di altre associazioni hanno chiesto a tutti di indossare una maglietta rossa come quelle dei tre bimbi annegati in uno dei naufragi della settimana scorsa (le madri li vestono con indumenti rossi perché siano più visibili in mare). La Lega ha chiesto di punire i giornalisti di RaiNews24 che hanno indossato la maglietta rossa. Qui l’appello di 200 intellettuali contro le politiche sull’immigrazione del nuovo governo, definito “incostituzionale e razzista”.
Intanto, dopo la prima udienza a suo carico a Malta, è ora libero su cauzione Claus-Peter Reisch, capitano della nave di soccorso della piccola Ong Lifeline, ma non può lasciare l’isola. A Malta, oltre alla nave di Sea Watch, secondo il Malta Today viene trattenuto a terra anche Moonbird, l’aereo dei piloti volontari che coadiuva i soccorsi. Vi avevamo raccontato la sua storia qui.
Intanto, la nave militare italiana Diciotti ha sbarcato 14 migranti a Pozzallo – lo segnala Sergio Scandura di Radio Radicale, che ha anche seguito con Nello Scavo di Avvenire quello che appare come un affidamento da parte della Guardia Costiera libica a un mercantile turco per riportare a terra un gruppo di migranti “salvati” in mare.
Qui il commento sullo stop ai soccorsi di Judith Sunderland di Human Rights Watch, mentre l’Oim ci ricorda le corrette proporzioni degli arrivi di questi ultimi anni in rapporto alla popolazione europea:
Arrivals by sea to EU:
2014: 247.263
2015: 1.070.625
2016: 360.329
2017: 172.362
2018 (until 3/7): 45.808Total EU population: 500 million.
This is not a migration crisis, rather a humanitarian one: more than 16.000 migrants have died or gone missing at sea since 2014.
— IOM – UN Migration (@UNmigration) July 4, 2018
Domenica sera, il Ministro per i Trasporti e le Infrastrutture Toninelli, responsabile della Guardia Costiera italiana, ha difeso l’operato del governo che chiude i porti alle Ong (citando dati a caso nonostante i dati ufficiali siano a disposizione di tutti sul sito del Viminale, e per giustificare l’arrivo a Messina di una nave irlandese di EunavForMed con 106 migranti soccorsi, ha sostenuto in un tweet che è tutta colpa del “folle accordo europeo Sophia con cui Renzi ha svenduto gli interessi dell’Italia”.
2. Dalla Libia si parte di meno, ma si muore di più – e i trafficanti aspettano solo tempi migliori
Come twitta Matteo Villa di Ispi, “dal 1° giugno i tentativi di attraversamento dalla Libia sono diventati i più rischiosi in assoluto da quando si è cominciato a tenere registri accurati dei dati nel 2016”. Questa tendenza si delineava già qualche giorno prima degli ultimi naufragi, come mostrano Laura Clarke e le nostre infografiche qui.
Anche i libici, a causa delle durissime condizioni di vita nel paese, si rivolgono agli scafisti per partire, come racconta Francesca Mannocchi su Refugees Deeply. E mentre quattro porti libici vengono chiusi fra accuse di corruzione, Nancy Porsia spiega su Open Migration chi sono i trafficanti libici colpiti dalle sanzioni Onu e come si riallineano le alleanze e le rivalità sul campo anche a causa dell’iniezione di denaro italiano per fermare i migranti.
3. Commissione Ue e Parlamento europeo mandano duri messaggi contro la criminalizzazione dell’assistenza umanitaria
“Siamo ben al corrente della situazione inumana per molti migranti in Libia” a dirlo è la portavoce della Commissione europea per la migrazione Natasha Bertaud dichiarando che non ci saranno mai dei rimpatri europei verso la Libia perché contrari ai valori europei, nonché al diritto internazionale.
Per Dunja Mijatović, Commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d’Europa, invece è ora che gli stati europei “dimostrino che i diritti umani, lo stato di diritto e i valori europei contano ancora” mettendo i diritti umani dei migranti al centro della loro politica sull’immigrazione.
Anche il Parlamento Europeo prende posizione, votando contro la criminalizzazione della solidarietà. In una risoluzione non legislativa, gli eurodeputati hanno espresso la loro preoccupazione per la “direttiva favoreggiamento” del 2012 – con cui gli stati sono invitati a introdurre sanzioni penali contro chi “favorisce” l’ingresso e il soggiorno di migranti in situazione irregolare. Gli Stati hanno il potere di non configurare come reato quelle azioni di favoreggiamento che hanno lo scopo di prestare “assistenza umanitaria”, gli individui e le organizzazioni della società civile che assistono i migranti per motivi umanitari non dovrebbero essere perseguiti.
Intanto in Francia il Consiglio Costituzionale si è pronunciato a favore di Cedric Harrou, l’agricoltore condannato a quattro mesi di carcere per aver aiutato i migranti – e ha sancito per la prima volta il “principio di fraternità”.
4. In Germania rientra la crisi di governo dovuta ai migranti
Il ministro degli interni tedesco, Horst Seehofer, dopo aver minacciato dimissioni se non si fossero adottate misure più dure sui richiedenti asilo, è ancora al suo posto. Quando già si ipotizzava l’apertura di “campi per migranti”, la chiusura dei confini meridionali e l’espulsione di tutti i richiedenti asilo la cui richiesta fosse stata processata in altri paesi dell’Unione Europea, a prevalere è stata la linea più morbida della Cancelliera tedesca Angela Merkel. Niente nuovi centri quindi, ma soltanto una gestione accelerata delle richieste d’asilo nelle strutture già esistenti. Seehofer – leader del partito conservatore bavarese CSU – aveva chiesto misure più severe sui migranti, temendo che alle prossime elezioni regionali in Baviera il suo partito perdesse voti a favore delle formazioni di destra. Una crisi politica quindi, visto che – come ricorda il Post – alla frontiera meridionale tedesca arrivano appena 5 richiedenti asilo al giorno.
5. A Roma sgomberati i rifugiati sudanesi che vivevano da anni in via Scorticabove
Ancora uno sgombero a Roma. A distanza di un anno dall’operazione di via Curtatone – che lasciò in strada oltre cento persone – e dopo i più recenti sgomberi di Via Vannina, lo scorso 5 luglio è stata la volta di Via Scorticabove nella periferia est della città. Nell’edificio sgomberato vivevano un centinaio di richiedenti asilo sudanesi, tutti con regolari permessi, che avevano deciso di occupare lo stabile e autogestirsi dopo il fallimento della cooperativa “Casa della carità” – che fino al 2015 gestiva l’accoglienza nella struttura. Aspettando di ricevere rassicurazioni e di conoscere il loro futuro, i ragazzi restano in strada.
6. Protezione Umanitaria, Inps, chiusura Brennero: la sovraesposizione mediatica del ministro Salvini
Rivedere i criteri con cui viene concessa la protezione umanitaria. A chiederlo con una circolare datata 4 luglio è il Ministro degli Interni Salvini, secondo cui il permesso di soggiorno valido due anni e concesso per “seri motivi di carattere umanitario”, sarebbe accordato con troppa facilità. Ad usufruire maggiormente della protezione umanitaria sono soprattutto donne e minori che affrontano terribili traversate prima di giungere in Italia. Ma se lo scopo della circolare è quello di sveltire il processo e ridurre i clandestini, secondo Il Fatto Quotidiano le conseguenze andrebbero nella direzione opposta.
Nella stessa settimana si era assistito al botta e risposta tra il ministro e il direttore dell’INPS Tito Boeri sul ruolo che i migranti giocano nella previdenza sociale. Alla nemmeno troppo celata minaccia di essere sostituito, Boeri ha ricordato ancora una volta come il sistema pensionistico e del welfare italiano non possa fare a meno dei migranti.
Salvini è poi intervenuto sulla paventata chiusura austriaca del Brennero: “a guadagnarci saremmo noi”. Proprio mentre l’irrigidirsi dei controlli ad un altro valico di frontiera – quello con la Francia a Ventimiglia – ci ricordano i disagi di un Europa pre Schengen, a destare dubbi sono i numeri della presunta emergenza migranti al Brennero: a maggio i fermati sono stati 2, nessuno a giugno.
Una presenza sui media quotidiana, quella del ministro Salvini, che unita ad una sapiente gestione dei profili social personali, finisce per polarizzare il discorso sulle migrazioni, proprio mentre un nuovo studio condotto ad Harvard dimostra come in Europa – Italia compresa – si sovrastimi il numero dei migranti.
7. Dura legge in Danimarca sull’integrazione
La stretta in Danimarca sulle comunità migranti sta diventando durissima, con un nuovo sistema di leggi che usa il termine “ghetto” per descrivere le zone a basso reddito e ad alta popolazione straniera, e impone per i bambini 25 ore di tempo da svegli da trascorrere lontano dai genitori per familiarizzare con la “cultura danese”, pena la perdita di ogni sussidio. Lo racconta qui il New York Times. La Danimarca da qualche anno ha assunto posizioni contraddittorie e controverse nel tentativo di mediare fra il suo rodato sistema di welfare e l’accoglienza. Questa primavera, Jose Arce, Julia Suárez-Krabbe e Annika Lindberg ci parlavano del terribile limbo giuridico dei campi di detenzione nel paese.
8. Usa: i danni psicologici della separazione delle famiglie migranti
Mentre una sentenza in California dà torto al presidente Trump sulle città-santuario (le città dove i migranti irregolari vengono tollerati perché non scompaiano dai radar dei servizi sociali e del lavoro), sono centinaia gli avvocati specializzati e gli interpreti che lavorano sul confine fra Stati Uniti e Messico. Uno di loro ha scritto per il New York Times descrivendo la sua giornata. Intanto, i danni psicologici dei provvedimenti di detenzione separata dei figli di famiglie migranti, scrive Samuel Gilbert da Santa Fe, dureranno a lungo.
9. La tirannia dei dati sull’immigrazione
Elizabeth Collett del Migration Policy Institute ha pubblicato questa settimana sull’Economist una riflessione sul fatto che l’enfasi posta sui numeri nel campo dell’immigrazione ha portato a politiche miopi e di breve periodo. I numeri aiutano i governi a misurare uno scenario in perenne mutazione e a fare piano concreti, ma negli ultimi tempi i dati vengono usati soprattutto per fare propaganda e rassicurare gli elettori.
10. E se la tutela dei diritti non andasse sempre di passo con la legalità?
Un’altra riflessione interessante di questa settimana è su Vita, dove Roberto Vacca scrive che forse, parlando di migranti “irregolari”, la tutela di diritti umani inalienabili non può fermarsi davanti alle definizioni di “legalità”.
Foto di copertina via Welcoming Europe