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Homepage >> Web review >> I 10 migliori articoli su rifugiati e immigrazione 42/2018

I 10 migliori articoli su rifugiati e immigrazione 42/2018

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6 novembre 2018
L’Austria del premier Kurz si ritira dal Global Compact sui migranti e potrebbe portare con sé altri paesi del gruppo di Visegrad. Intanto, mentre l’Ue abbandona l’idea di centri per migranti in Nord Africa, sempre più comuni italiani dicono no al decreto Salvini.

1. L’Austria non firmerà il Global compact sulle migrazioni

Come già deciso da Stati Uniti ed Ungheria, l’Austria non firmerà il patto Onu sui migranti.
Alle basi del rifiuto del paese alpino il timore di perdere parte della propria sovranità in materia di immigrazione e di un possibile annacquamento della distinzione tra immigrazione legale e illegale.
“Ci sono alcuni punti che noi vediamo in modo critico e dove temiamo un pericolo per la nostra sovranità nazionale”, ha spiegato il premier Kurz al governo con una coalizione che arriva anche alla destra estrema.

La decisione austriaca stigmatizzata dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea rischia di influenzare anche la scelta di altri paesi dell’area Visegrad con Polonia e Repubblica Ceca che si sono dette pronte a non ratificare l’accordo.

Il Global Compact sulle migrazioni non è legalmente vincolante e dovrà essere approvato formalmente l’11-12 dicembre a Marrakech. Marta foresti aveva spiegato a Open Migration l’importanza di un tale accordo.

2. Centri per migranti in Nord Africa, lo stop di Junker

Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha dichiarato che l’ipotesi di creare campi per migranti nel Nord Africa da cui gestire l’immigrazione verso l’Europa non è più all’ordine del giorno dell’Unione.

“Non è più all’ordine del giorno e non avrebbe mai dovuto esserci“, ha dichiarato Juncker durante una conferenza stampa con il primo ministro tunisino Youssef Chahed.

Mentre questa ipotesi naufraga, lo scorso 5 ottobre l’Unione Europea ha invece firmato con  l’Albania un accordo di cooperazione per la gestione delle frontiere. Stando all’accordo, Frontex potrà operare direttamente, sotto il controllo delle autorità Albanesi, su un territorio non dell’Unione. Si tratta del primo accordo del genere tra un Paese terzo e l’Ue.

3. Sempre più città sospendono il decreto Salvini

Abolizione della protezione umanitaria, drastica riduzione dell’accoglienza SPRAR e una nuova disciplina del funzionamento degli hotspot che mette a rischio il sistema di garanzie, sono alcuni dei motivi per cui ActionAid si è appellata ai Comuni italiani per l’approvazione di un ordine del giorno di contrasto al decreto Salvini.

Dopo Torino, infatti, anche il Consiglio comunale di Bologna ha approvato un ordine del giorno per chiedere la sospensione dell’applicazione del decreto legge in materia di immigrazione e sicurezza, per rivalutarne l’impatto in termini economici, sociali e sulla sicurezza dei territori.

Sul tema della protezione internazionale, è intervenuto anche Gaetano Silvestri – presidente emerito della Corte costituzionale – che ha intitolato il suo intervento al corso della Scuola superiore della magistratura “Il diritto ad una tutela giudiziaria effettiva dei richiedenti protezione internazionale”.

Intanto fa discutere la decisione dell’esecutivo di bloccare il finanziamento al progetto Integr-Azione, che prevedeva l’inserimento di rifugiati e richiedenti asilo nel sistema del servizio civile. Delle 3 mila persone inizialmente previste, saranno coinvolte soltanto 192.

4. A Lampedusa tra i “carbonari della solidarietà”

Sandwich e motorini, anche l’isola di Lampedusa sperimenta le ronde ma per un motivo opposto: la solidarietà. Una rete informale (e in teoria illegale) per la sussistenza dei migranti che sbarcano. Il reato, nel caso, sarebbe quello di “favoreggiamento“, ma se uno straniero deve far sapere ai suoi che sta bene, a Lampedusa c’è sempre una casa, un telefono, una connessione alla rete da mettere a disposizione dell’ultimo arrivato. Nello Scavo per Avvenire ci porta tra i “carbonari della solidarietà”.

Burocrazia e scaricabarile sono invece i motivi per cui, sempre sull’Isola, i bagni voluti dal medico Pietro Bartolo per garantire condizioni dignitose ai migranti e consegnati dal governo Renzi restano chiusi ed inutilizzati, anche se funzionanti.

Intanto nuovi sbarchi nel Sud Italia, negli ultimi giorni in Salento sono arrivati 81 profughi di nazionalità pakistana.

5. Attraversare il Mediterraneo resta un passaggio letale per i migranti

Nonostante il drastico calo delle partenze dalla Libia, attraversare il Mediterraneo rimane un passaggio letale per i migranti. Secondo il Missing Migrants Projectdell’Oim dall’inizio dell’anno al 28 ottobre scorso sono 1.987 le vittime documentate, oltre i due terzi hanno perso la vita nelle acque tra il Nord Africa e la Sicilia. Sempre secondo l’Oim gli sbarchi via mare in Europa sono stati finora 97.857, il 48% in Spagna con ottobre mese record.

Intanto mentre le notizie che arrivano dalla Libia confermano le condizioni terribili cui sono costretti i migranti nei campi di detenzione, sono sempre meno le navi che presiedono le coste davanti l’Italia. Tra queste la nave Mare Jonio di Mediterranea di cui parla anche il Finacial Times che la definisce “la nave che sfida Salvini”.

6. A Riace scattano i trasferimenti dei migranti

Ad un mese dal provvedimento che ha portato all’arresto di Mimmo Lucano, è arrivata la lettera dal Viminale che chiede al Comune e alle associazioni che gestiscono il locale progetto Sprar di trasferire i migranti presso Roccabernarda, in provincia di Crotone. I migranti ancora ospitati a Riace sono 76. Come ricorda Repubblica chi non accetterà il trasferimento dovrà comunque abbandonare le abitazioni

7. In salvo dalla Siria  grazie ai corridoi umanitari

Sono 82 e provengono dal Libano. Sono profughi siriani che grazie ai Corridoi umanitari promossi da Comunità di Sant’Egidio, FCEI, Tavola Valdese e ministeri dell’Interno e degli Esteri sono riusciti a raggiungere l’Italia in sicurezza.

Da febbraio 2016 sono oltre 2.100 le persone arrivate in Europa, 1.400 in Italia.

Molti scappano dalla Siria nella quale si continua a soffrire per l’andamento della guerra. Proprio in questi giorni l’Associated Press riferisce delle condizioni di fame estreme riscontrate ad Rukban, campo profughi siriano al confine con la Giordania, in cui in migliaia sono senza viveri.

8. Dure critiche sull’accordo per il rimpatrio dei Rohingya

Bangladesh e Myanmar avrebbero trovato un accordo per avviare il rimpatrio dei rifugiati Rohingya. Negli ultimi anni migliaia di persone di etnia Rohingya hanno trovato rifugio in Bangladesh dopo aver dovuto abbandonare le proprie terre e fuggire dalle violenze dei militari birmani (con Giuliano Battiston eravamo stati a Cox Bazar, uno dei più grandi campi profughi Rohingya in Bangladesh). Sull’accordo per il rimpatrio gravano però parecchie perplessità. I rifugiati Rohingya sembrano non essere stati informati riguardo i trasferimenti e si prospetta il ricorso a rimpatri forzati. L’Unhcr fa sapere di non essere stata consultata e che le condizioni nello stato di Rakhine – da cui provengono la maggioranza dei rifugiati – non sembrano favorevoli per un ritorno.

9. È il cambiamento climatico la causa nascosta della carovana della speranza?

Le ragioni che hanno spinto migliaia di migranti dall’Honduras verso i confini meridionali degli Stati Uniti sono noti: violenza, criminalità organizzata, corruzione. Ma è forse un altro aspetto ancora non chiamato in causa il motore nascosto di un tale esodo. Per il Guardian, fame e carestia dovute ai cambiamenti climatici avrebbero esasperato situazioni già critiche incidendo sulla partenza di così tante persone.

Intanto non sono solo i soldati a pattugliare il confine meridionale dove è atteso l’arrivo della carovana dei migranti. Centinaia di civili armati hanno risposto alla chiamata alle armi di Donald Trump che, come ricorda l’Indipendent, ha fatto della carovana il tema centrale della campagna elettorale per l’elezioni di metà mandato. Campagna elettorale nella quale ha anche annunciato di voler cancellare lo Ius soli e non accordare la cittadinanza agli stranieri nati negli Usa.

10. Un film sullo sfruttamento nei campi pontini al Parlamento europeo

Ritmi di lavoro massacranti, contratti spesso fittizi, paghe da fame, trattamenti disumani. E’ questo il lato insostenibile del ‘Made in italy’ documentato da ‘The Harvest’, opera di denuncia della sfruttamento dei braccianti nell’Agro Pontino che il prossimo 7 novembre sarà proiettato al Parlamento Europeo. In provincia di Latina vivono oltre 11 mila Sikh costretti al lavoro nei campi per ripagare il debito contratto per arrivare in Italia. Daniela Sala ci aveva raccontato la loro storia fatta di stipendi da fame, sfruttamento e fatica. Storia di sfruttamento purtroppo simile a quella di altre realtà, come quella della campagna foggiana.

In copertina: Campo di Kutupalong. Foto di Giuliano Battiston

Etichettato con:Austria, Bangladesh, centri di detenzione libici, centri di detenzione per migranti, Comunità di Sant'Egidio, corridoi umanitari, decreto Salvini, FCEI, Global Compact per una Migrazione sicura, Honduras, ius soli, Junker, Kurz, Lampedusa, Latina, Libia, Mediterranea, Myanmar, OIM, Parlamento Europeo, Pietro Bartolo, Riace, Rohingya, ronde solidali, rotta del Mediterraneo centrale, Salvini, Sikh, Spagna, Tavola Valedese, The Harvest, Trump, Unione Europea, Visegrad

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