1. Cosa ne sarà di migranti e rifugiati nell’America di Trump?
L’impensabile è successo: Donald Trump è davvero il nuovo presidente degli Stati Uniti. E adesso? Quali saranno le conseguenze, si chiedono preoccupati migranti e attivisti?
Un articolo di VICE spiega come potrebbero cambiare (in peggio, e drammaticamente) le politiche statunitensi su migranti e rifugiati – tra muri, detenzioni e deportazioni.
2. La resistenza delle città santuario per i migranti senza documenti
Nell’incertezza dei primi giorni dopo le presidenziali, una timida speranza per i migranti in territorio americano: tra le “città santuario” degli Stati Uniti (e cioè quelle municipalità che non cooperano alle deportazioni federali, offrendo invece protezione ai migranti senza documenti) ci sono alcune che sono intenzionate a resistere alle politiche anti-migranti di Trump. Parola di Bill De Blasio, sindaco di New York, che giunge a prospettare la possibilità di una cancellazione del database cittadino dei migranti irregolari pur di proteggerli. L’articolo di Remezcla.
3. Goodbye American dream
I nuovi Stati Uniti di Trump fanno paura. Al punto che numerosi migranti in fuga dall’America Centrale e bloccati al confine messicano già decidono di abbandonare una volta per tutte il sogno americano – ed i centri di accoglienza del Messico esplodono. L’articolo di Reuters e quello di Irin News.
4. Il drammatico paradosso del Mediterraneo: meno migranti in mare, eppure sempre più morti
Rispetto al 2015, è significativamente diminuito il numero di migranti e rifugiati che tentano la rotta mediterranea verso l’Europa. Eppure, sono sempre più numerosi i morti in mare: già 4271 quest’anno, mai così tanti prima. Un paradosso drammatico, analizzato nell’articolo del Wall Street Journal.
5. Altro che benvenuto: l’arrivo dei migranti che riescono a sbarcare in Europa
Anche per chi ce la fa a sopravvivere al disperato viaggio attraverso il Mediterraneo, le cose non vanno tanto meglio – a cominciare dal traumatico momento dello sbarco sulle coste europee, come documentato da Lizzie Dearden per l’Independent.
6. Roma, non si sgombera una questione umanitaria: la protesta dei migranti del Baobab
Un altro giorno, un altro sgombero. Ma una questione umanitaria non si risolve certo a “bonifiche”, e ovviamente una volta smantellate le tende l’emergenza continua (e peggiora, con decine e decine di persone costrette a dormire per strada).
Dopo l’ennesimo, assurdo sgombero a Tiburtina, i volontari ed i migranti del Baobab hanno manifestato per chiedere la fine degli sgomberi degli accampamenti informali creati dalla cittadinanza e l’apertura di un dialogo sulle politiche di accoglienza a Roma, con l’assunzione da parte delle autorità di impegni concreti nella garanzia di un’accoglienza degna ai migranti transitanti. L’articolo di Repubblica.
7. Da Calais a Parigi, continua l’odissea dei migranti
La situazione non è migliore oltralpe dove, dopo lo sgombero di Calais, centinaia di migranti sono accampati in condizione precarie a Parigi, in sospeso tra burocrazia e azioni di polizia.
Un’odissea senza fine, raccontata da Gilberto Mastromatteo su Internazionale.
8. Modelli di accoglienza dal basso: storie di inglesi che aprono le proprie case ai richiedenti asilo
Più o meno ovunque in Europa le risposte statali alla domanda di accoglienza appaiono adeguate, e più o meno ovunque (dall’Italia e la Grecia alla Francia e l’Inghilterra) dove non arriva lo stato arrivano le risposte dal basso della società civile. Così, nel Regno Unito, un gruppo di volontari cerca di garantire un tetto sopra la testa ai richiedenti asilo abbandonati dal sistema: il racconto di Refugees Deeply.
9. Una buona notizia: il Parlamento ungherese dice no alla proposta di legge anti-immigrati di Orbàn
Inaspettato e da festeggiare il voto del parlamento ungherese contro la proposta di legge anti-immigrati del governo conservatore di Orban (che proponeva una riforma costituzionale per vietare futuri ricollocamenti di rifugiati in Ungheria). Un importante segnale di speranza in un paese avvolto da filo spinato contro i rifugiati. L’articolo dell’Independent e quello del Washington Post.
10. I numeri contano: l’importanza dei dati nella narrazione della crisi umanitaria
Perché si possa avere un dibattito realmente informato sulla “crisi dei rifugiati” è necessaria più attenzione ai dati. L’op-ed di Paul Currion per Refugees Deeply spiega l’imprescindibilità dei big data e della statistica per la comprensione della crisi umanitaria (sempre nella consapevolezza che dietro i dati ci sono gli individui).