Il Tribunale di Roma – in una sentenza di importanza cruciale per i rifugiati che cercano di richiedere il visto umanitario per l’Italia mentre si trovano ancora in condizioni di pericolo – si è pronunciato a favore di una famiglia afghana in cerca di protezione in Italia. Il giudice che ha presieduto la causa, a giugno ha ordinato alle autorità italiane di rilasciare alla famiglia un visto umanitario che permettesse il loro ingresso entro il 12 luglio.
La famiglia, composta da sette persone, aveva originariamente richiesto un visto umanitario per il marito, la moglie e i 5 figli minori nel luglio 2022, ma lo Stato non aveva risposto. Il marito della famiglia è un ex membro dell’esercito, che si è formato a lungo in Italia, avendo ivi conseguito una laurea in scienze giuridiche e un master in legge. Dopo il ritorno in Afghanistan, aveva continuato ad avere stretti legami con i Paesi della NATO e con l’Italia, dove era venuto più volte per l’addestramento militare.
Il marito avrebbe dovuto essere evacuato nell’agosto del 2021 insieme al padre (che era riuscito a raggiungere l’Italia al momento del ritorno al potere dei Talebani), ma non aveva potuto raggiungerlo perché si trovava lontano dall’aeroporto e non era riuscito ad arrivare in tempo a Kabul. Il marito richiedente, quindi, era stato costretto a fuggire in Tagikistan per sfuggire ai Talebani, mentre la sua famiglia, moglie e figli, era rimasta in Afghanistan, ma comunque in grave pericolo di vita visti i legami con il marito/padre.
A prescindere dai legami del marito con l’Italia, lo Stato italiano ha opposto resistenza alla richiesta di visto umanitario, eccependo inoltre l’inammissibilità delle domande di visto presentate via e-mail, e ha contestato l’ammissibilità della procura per la moglie della famiglia in quanto presa a distanza.
Normalmente, la normativa italiana prevede che le procure rilasciate agli avvocati, per poter agire per conto dei loro assistiti, siano autenticate alla presenza del procuratore nominato, che deve certificare che l’atto è stato firmato davanti a lui. Tuttavia, nel caso di specie, la procura per la moglie era stata presa online a causa dell’intrinseco ed evidente pericolo che impediva alla moglie/madre di famiglia di tentare di raggiungere un’ambasciata italiana (infatti, oltre al generale pericolo a cui sono attualmente sottoposti i cittadini afgani che vivono in tale Paese, le regole talebane proibiscono alle donne di percorrere tali distanze senza un accompagnatore maschile)
Nella sentenza in esame il giudice, derogando alle ordinarie regole, ha riconosciuto l’impossibilità nonchè il pericolo che correva la moglie a rivolgersi ad un’ambasciata e ha dunque respinto le obiezioni sollevate dall’Avvocatura dello Stato sulle modalità di conferimento della procura, stabilendo invece la possibilità per l’avvocato di prendere una procura a distanza nel caso in cui, come quello di specie, la stessa non possa esser presa in modo “ordinario” a causa dei gravi problemi di insicurezza del Paese. Come evidenziato infatti nella pronuncia in commento: “Alla luce dei principi derivanti dalla giurisprudenza internazionale….si ritiene pertanto che, nel rispetto di tale preciso obbligo di garanzia di un diritto fondamentale, sia legittima la facoltà della ricorrente di rilasciare la propria procura al difensore secondo le uniche modalità a lei accessibili al momento, e cioè a distanza, con autenticazione della sottoscrizione tramite modalità telematiche. Deve pertanto ritenersi valida la procura rilasciata dalla ricorrente e respingersi l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione attiva sollevata da parte resistente relativamente alla stessa”.
Il giudice ha inoltre fatto riferimento a una sentenza della Corte di Giustizia Europea del 18.04.2023 nella causa C-1/23 e ai principi in questa enunciati, affermando che in tale causa la Corte ha chiarito che “è indispensabile che gli Stati membri diano prova, in simili situazioni, della flessibilità necessaria per consentire agli interessati di presentare effettivamente la loro domanda di ricongiungimento familiare in tempo utile, facilitando la presentazione di tale domanda e ammettendo, in particolare, il ricorso a mezzi di comunicazione a distanza. Infatti, in assenza di una tale flessibilità, richiedere, senza eccezioni, la comparizione personale al momento della presentazione della domanda … non consente di tener conto degli eventuali ostacoli che potrebbero impedire la presentazione effettiva della domanda e, quindi, rendere impossibile l’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare … in un paese segnato da un conflitto armato, le possibilità di spostarsi verso sedi diplomatiche o consolari competenti possono essere notevolmente limitate, di modo che, per soddisfare il requisito della comparizione personale, tali persone, che possono, in aggiunta, essere minorenni, si vedrebbero costrette ad attendere che la situazione della sicurezza consenta loro di spostarsi, salvo esporsi a trattamenti inumani o degradanti, o anche mettere in pericolo la propria vita”, altresì evocando le conseguenze lesive per il diritto all’unità familiare che si realizzano nel caso dell’impedito ricongiungimento, esattamente come si realizzerebbero nel caso di specie, in assenza di modalità di rilascio della procura eccezionali per sopperire all’impossibilità di accedere a quelle ordinarie
In questo modo, quindi, la Corte ha ritenuto valida la procura rilasciata online, fatta salva la successiva ratifica della stessa una volta che il soggetto interessato sia entrato in Italia.
Questo rappresenta un’evoluzione estremamente significativa del diritto italiano. La decisione in commento ha infatti stabilito la possibilità di rilasciare una procura online sulla base di diritti fondamentali previsti tanto nel diritto nazionale quanto in quello internazionale, ed è probabilmente la prima volta che una decisione di questo tipo viene presa in relazione a circostanze come queste. Ciò significa anche che in casi futuri analoghi, in presenza di pericoli/instabilità simili, gli avvocati che rappresentano i clienti in queste condizioni di grave insicurezza potranno farsi rilasciare la procura attraverso strumenti online adeguati.
Il giudice ha inoltre respinto l’argomentazione dell’Avvocatura dello Stato secondo cui le domande di visto presentate via email, per motivi analoghi, devono considerarsi inammissibili – un’altra decisione di importanza cruciale nei casi di visti umanitari che sono spesso caratterizzati dalla presenza di un pericolo imminente per i richiedenti che si trovano ancora in Paesi che stanno affrontando significative crisi politiche e dei diritti umani.
Infine, ma non meno importante, tale decisione ha aperto alla possibilità di chiedere un visto umanitario da parte di richiedenti per cui lo Stato italiano abbia esercitato “una forma di potere e controllo effettivo idonea a configurarne la giurisdizione ai sensi dei ricordati principi giurisprudenziali”
Lo Stato ha presentato appello avverso la pronuncia e non si sta conformando all’ordinanza della Corte, che tuttavia è immediatamente esecutiva. La stessa sarà riesaminata nel settembre 2023, ma per il momento tale decisione mantiene la sua importanza per tutti coloro che vogliono richiedere il visto umanitario dato che nella stessa viene riconosciuto il pericolo in cui il cittadino straniero incorrerebbe se fosse obbligato a soddisfare personalmente i requisti procedurali, recandosi alle ambasciate nel tentativo di cercare sicurezza in Italia.
Questa famiglia ha ricevuto assistenza legale pro bono attraverso la Collaborazione Italiana Pro Bono per i Rifugiati Afghani (acronimo italiano CIPBRA), un’iniziativa creata da quattro studi legali internazionali e dal CILD (con il lavoro legale guidato da Loredana Leo) allo scopo di fornire consulenza e rappresentanza legale pro bono ai richiedenti asilo afghani che cercano di accedere e stabilirsi in Italia.
[Immagine di copertina: Foto di Ricardo Gomez Angel su Unsplash]