1. E tu dove eri?
Un barcone carico di persone nel centro del mare, centinaia di colori diversi che si scontrano con il blu profondo dell’acqua, qualche faccia che guarda all’insù verso l’obiettivo. La foto di Massimo Sestini scattata nelle acque tra Libia e Sicilia, da un elicottero della Marina Militare italiana, nell’estate del 2014, è diventata una dei simboli della crisi migratoria del Mediterraneo.
All’autore, oltre a valere il World Press Photo nel 2015, l’immagine crea sempre più curiosità: che fine hanno fatto quelle persone? Stanno bene? Sono rimaste in Europa? La curiosità si trasforma in appello e quel “Where are you?” di Sestini è ora un documentario prodotto da National Geographic – “Where are you? Dimmi dove sei” – che ha rintracciato alcune tra le persone immortalate nella foto.
Tra gli uomini, donne e bambini a bordo del barcone c’era anche Ansumana Kassama, 21 anni originario del Gambia, che proprio in questi giorni sta affrontando – come migliaia di coetanei – l’esame di maturità nel nostro paese. Dei rintracciati dal documentario è infatti l’unico rimasto in Italia e in questa intervista al Corriere della Sera racconta la sua incredibile storia.
2. A Imperia, solidarietà sotto accusa
È iniziato lunedì scorso a Imperia il processo contro trentuno ‘no borders’ fermati il 30 settembre del 2015, mentre protestavano a Ventimiglia contro la chiusura del confine con la Francia.
“In assenza di adeguate risposte istituzionali all’inaspettata sospensione di Schengen da parte francese – spiegano a Repubblica gli attivisti presenti al processo – per tutta l’estate, centinaia di migranti trovarono protezione e solidarietà a Ventimiglia solo grazie a quel presidio”.
All’epoca dei fatti, proprio nella città di confine ligure, era stato allestito un presidio tra gli scogli in solidarietà con i migranti in transito verso la Francia e altri paesi europei dove poter trovare cibo, vestiti e dove organizzarsi rispetto a iniziative comuni di protesta contro la chiusura della frontiera. La la prossima udienza è stata fissata per il 17 febbraio.
Anche al di là del Confine la solidarietà è stata in questi ultimi anni messa sotto accusa con fermi e processi, Marco Cacioppo – in occasione dell’uscita della pellicola Libre – ci aveva raccontato la vicenda Cédric Herrou.
3. Oltre 70 milioni di persone hanno dovuto abbandonare la propria casa
Secondo gli ultimi dati, pubblicati in occasione della Giornata mondiale del rifugiato dall’Unhcr, nel mondo sarebbero oltre 70 milioni le persone costrette alla fuga da guerre e violenze.
Come riporta il New Humanitarian, il numero di rifugiati ha raggiunto un livello record – quasi 26 milioni in tutto il mondo, senza contare le decine di milioni di sfollati all’interno dei loro paesi, né milioni di persone rese apolidi – e la maggior parte di loro proviene da tre soli paesi – Siria, Sud Sudan e Afghanistan.
A sopportare l’onere di fornire rifugio sono spesso i paesi confinanti – e spesso tra i meno ricchi – e tra le prime dieci nazioni che accolgono una sola è europea, la Germania. Uganda, Sudan, Etiopia e Bangladesh hanno ospitato complessivamente oltre 13 milioni di rifugiati, pari al 64% di tutti quelli sotto il mandato dell’Agenzia Onu. Il Canada è invece primo per numero di migranti reinsediati.
E in Italia? Come scrive Sara Ficocelli su Repubblica l’impatto degli sbarchi e delle richieste di asilo si sta riducendo e a fine maggio di quest’anno le presenze di migranti risultano scese a 113 mila rispetto alle 184 mila del dicembre 2017.
Di migranti, sbarchi, rifugiati, si occupa anche il nostro quiz: 10 domande (e tutte le risposte) per mettersi alla prova su quanto è successo in questo 2018.
4. Corridoi umanitari: il governo apre all’ipotesi Libia?
Il premier Conte ha espresso interesse rispetto alla proposta avanzata per un corridoio umanitario europeo dalla Libia, impegnandosi a discuterne con i partner europei nella “condivisa consapevolezza di dover far fronte in maniera coordinata all’attuale emergenza mediante appropriati strumenti operativi e finanziari”.
“L’esposizione in prima persona del premier attesta l’interesse con cui il governo ha recepito la nostra proposta che, del resto, conferma il sostegno più volte espresso dalla viceministra On. Emanuela Del Re, al programma dei “corridoi umanitari” avviati nel 2016. Come protestanti – sottolinea infine il presidente della FCEI Luca M. Negro – siamo già impegnati a chiedere alle nostre chiese sorelle in Europa di premere sui loro governi perché sostengano concretamente la proposta italiana”.
I corridoi umanitari sono già realtà in contesti come il LIbano, da dove 1.475 persone sono arrivate in Italia, in completa sicurezza, grazie all’aiuto della Comunità di Sant’Egidio, della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e della Tavola Valdese. Eleonora Camilli e Federica Mameli avevano incontrato Mohammad, Wafa, Ibrahim, Osama e Ahmed – tra gli ultimi ad arrivare in Italia dal paese dei cedri – poco prima della loro partenza da Beirut.
5. Il Caso Sea Watch arriva a Strasburgo
In mare da 12 giorni, bloccati da un braccio di ferro che non tiene conto dei diritti di nessuno e che appare sempre più una ritorsione nei confronti della nave della Ong olandese (nei giorni scorsi, come riportato da Open, sono sbarcati senza clamore 45 migranti soccorsi dalla Guardia costiera e della Guardia di finanza).
Ora la svolta, con la Sea Watch 3 – che secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano – si sarebbe rivolta alla Corte di Strasburgo “per chiedere “misure provvisorie” che consentano lo sbarco dei migranti in Italia”.
Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, ha specificato la natura del ricorso: “Effettivamente è stato fatto un ricorso, non dall’organizzazione ma dai singoli individui presenti a bordo che hanno il diritto di adire i propri diritti umani alla corte europea”.
Come ricorda Luca Gambardella su Il Foglio, sia il governo italiano sia SeaWatch hanno già presentato le rispettive memorie ai giudici di Strasburgo chiamati a esprimersi.
Anche la Commissione europea è intervenuta chiedendo agli Stati di “trovare una soluzione”, mentre il ministro Salvini ha ribadito che il porto dell’isola rimane chiuso, invitando Germania e Olanda a farsi carico delle persone a bordo – ieri aveva già dichiarato che la responsabilità cadeva sull’Olanda.
A Lampedusa intanto si dorme sul sagrato della chiesa in solidarietà con i migranti della Sea Watch: “Non è una protesta, ma un gesto di solidarietà che ci auguriamo venga ripreso in altre città d’Italia”.
“Fino a quando quelle 42 persone saranno costrette a dormire sul ponte della #SeaWatch anche noi resteremo qui.
Non si tratta di una manifestazione di protesta ma di solidarietà”.Su @repubblica di @alessandrazinit
— Sea-Watch Italy (@SeaWatchItaly) June 24, 2019
6. Cpr: aumentano i tempi di reclusione, non migliorano le condizioni di vita
Una situazione ancora più critica rispetto al passato. È questa la fotografia dei Cpr (Centri per il rimpatrio) in Italia secondo il Garante delle persone private della libertà Mauro Palma.
A destare preoccupazione la quotidianità dei reclusi, “che scorre senza nessuna attività, con evidenti ripercussioni sulla salute psicofisica delle persone ristrette (fino a sei mesi o anche più)”, e le condizioni materiali degli ambienti “spesso danneggiati o incendiati da precedenti ospiti ma mantenuti in tali condizioni di deterioramento e di assenza di igiene”.
Proprio nei giorni scorsi delegazioni del Garante hanno visitato la sezione maschile, da poco riaperta, di Ponte Galeria e i Cpr di Palazzo San Gervasio (Potenza), di Bari e di Brindisi: “Una privazione della libertà disposta perlopiù non in conseguenza di reati ma per irregolarità amministrative non può essere simile o peggiore a quella di chi sconta una pena. Tantomeno può prevedere minori garanzie di tutela dei propri diritti: per questo il diritto al reclamo e il potere di vigilanza dell’autorità giurisdizionale devono essere introdotti per le situazioni di privazione della libertà delle persone migranti, come il Garante nazionale ha da tempo raccomandato” – per questo il Garante chiede al governo di valutare – “l’assoluta necessità di rendere la qualità della vita in questi Centri compatibile con il recente allungamento dei tempi di trattenimento”.
Di Cpr ci siamo occupati nei giorni scorsi anche noi di Open Migration. La pubblicazione del rapporto “Uscita d’emergenza” – realizzato dalla Human Rights and Migration Law Clinic, in collaborazione con l’International University College di Torino, i Dipartimenti di Giurisprudenza dell’Università di Torino e l’Università del Piemonte Orientale di Alessandria – è stata infatti l’occasione per raccontarvi la situazione dei trattenuti all’interno del CPR di Torino.
7. La vita dopo Aquarius
Hazrat, viene dal Bangladesh e non sapeva cucinare, ora è aiuto cuoco in un bistrot. Khingsley, aveva trascorso più di metà della sua vita migrando, ora impara a leggere in una scuola francese. Diokel, ugiovane senegalese salvato da un peschereccio di Santa Pola, si guadagna da vivere come “giornaliero”. Un anno fa, la Spagna è diventata l’improbabile destinazione dei migranti a cui l’Italia e Malta avevano chiuso i loro porti. L’Aquarius fu il primo caso e il più simbolico, ma non l’unico. Da allora fino a gennaio, quando anche la Spagna ha deciso per una stretta sul soccorso in mare, più di 1.000 persone salvate in mezzo al Mediterraneo sono arrivati nel paese iberico con la speranza di costruirsi una vita migliore. Delle loro storie, ci raccontano Maria Martin e Ignacio Zafra del Pais.
8. Tolleranza zero: a Calais aumentano gli sgomberi dei rifugi dei migranti
Dallo scorso agosto sono stati registrati più di 800 sgomberi tra i rifugi di fortuna utilizzati dai migranti nelle zone portuali di Calais e Dunkerque in Francia: una strategia di tolleranza zero che, secondo gli attivisti, è stata progettata per fermare i tentativi dei migranti di attraversare la Manica in barca (noi ve ne avevamo parlato qui).
Secondo quanto riporta il Guardian, nel solo luglio scorso, la polizia francese ha effettuato 12 sfratti a Calais.
9. Le reazioni all’accordo “segreto” di Usa e Messico sui migranti
Il Messico utilizzerà la Guardia Nazionale per frenare l’immigrazione irregolare in tutto il paese, specialmente alla sua frontiera meridionale con il Guatemala, mentre gli Stati Uniti amplieranno il programma MPP (Migrant Protection Protocols) all’intero confine con il Messico. I migranti privi di documenti che attraversano il nostro confine meridionale degli Usa per chiedere asilo saranno rimpatriati proprio in Messico in attesa di avviare la procedura. I due stati hanno poi accettato di lavorare per stabilire accordi con paesi terzi sicuri. Sono questi i termini dell’accordo che il presidente Trump avrebbe raggiunto con il governo messicano per frenare l’arrivo di migranti.
Un accordo che come scrive il Financial Times è stato accolto da dure critiche al di là del Rio Grande, prima fra tutte quella di essersi piegati alla volontà del più influente vicino su un tema, quello dei migranti, particolarmente sentito in Messico.
In questo podcast del New York Times, invece, Micheal Barbero spiega come l’accordo potrebbe cambiare radicalmente l’immigrazione negli Stati Uniti.
10. Istantanee di speranza
“Amo dipingere fin da piccola e voglio fare la pittrice da grande. Ecco perché ho disegnato un pennello. Amo anche i compleanni! Ho disegnato i miei amici qui nel campo perché li amo. Ho anche disegnato una grande casa perché un giorno ne voglio una”. Marwa ha 14 anni, viene da Aleppo in Siria, ma vive nel campo profughi di Zaatari in Giordania. Come lei migliaia di bambini sono costretti a vivere lontano dalle proprie case.
In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato Save the Children ha invitato alcuni tra quelli che vivono negli insediamenti in Giordania, Bangladesh e Uganda a disegnare le loro speranze e i loro ricordi su una Polaroid che li raffigura. Ecco alcuni dei lavori ripresi dal Guardian.
Foto di copertina via Sea Watch Italy