1. La crisi del Mediterraneo tra il disastro delle politiche europee e l’attacco alle Ong
“L’evoluzione del traffico di esseri umani nel Mediterraneo è una storia di conseguenze non volute”, scrive Daniel Howden su The Guardian. Una preziosa analisi della situazione in alto mare, tra le missioni europee che non raggiungono gli obiettivi prefissati (e, anzi, determinano casomai un peggioramento della situazione) e l’attacco alle Ong umanitarie che stanno cercando di riempire il vuoto lasciato dagli stati.
2. Mediterraneo, la missione europea non ferma i trafficanti e aumenta i morti
Se quasi ovunque in Europa politici e media sono occupati a disquisire della “questione Ong”, c’è invece un rapporto istituzionale che mette nero su bianco il fallimento dell’ultima missione europea nel Mediterraneo. La Camera dei Lord britannica ha infatti pubblicato un dossier sull’Operazione Sophia che documenta come la strategia anti-traffico stia avendo l’unico – e paradossale – risultato di aumentare le morti in mare: mentre l’Europa è impegnata a distruggere le barche usate dai trafficanti, il Mediterraneo è infatti attraversato sempre più spesso da imbarcazioni di fortuna che rendono ancora più rischioso il viaggio. L’articolo di Alan Travis per The Guardian e quello di May Bulman per The Independent.
3. Italia, i processi tutti sbagliati agli “scafisti”
Sono migliaia gli stranieri processati e incarcerati in Italia come “scafisti”, in esecuzione di una precisa strategia governativa. Peccato che troppo spesso a finire dietro le sbarre siano migranti in fuga che si sono trovati per caso e costrizione al timone delle imbarcazioni in alto mare (e non mancano anche casi di errori di persona), mentre i veri trafficanti la fanno franca. L’importante articolo di Ilaria Sesana per Refugees Deeply.
4. Italia, passaggio legale e sicuro per (alcuni) richiedenti asilo coi corridoi umanitari
Un’ alternativa ai disperati viaggi della speranza attraverso il Mediterraneo c’è, anche se solo per alcuni fortunati. In Italia, infatti, a riempire il vuoto d’azione delle istituzioni c’è la società civile, con il prezioso progetto pilota dei corridoi umanitari, che ha sinora consentito passaggio legale e sicuro a quasi 1000 richiedenti asilo siriani. L’articolo di Michele Bertelli per Politico.
5. Italia, quelli che li aiutano per davvero, a “casa loro”
Tre storie di famiglie italiane che hanno deciso di accogliere un rifugiato, con grandi soddisfazioni e qualche fatica, e dell’associazione (Refugees Welcome Italia) che ha li aiutati ad aprire il proprio cuore e la propria casa. L’articolo di Luca Misculin per Il Post.
6. Il limbo al confine libico
Lettere dalla Tunisia, per raccontare il limbo nel deserto dell’ex campo profughi di Choucha – chiuso ufficialmente anni fa, definitivamente sgomberato appena qualche settimana fa. L’articolo di Thessa Lageman per Al Jazeera (da accompagnare al nostro reportage).
7. Le conseguenze dell’accordo Europa-Turchia sulla salute mentale dei rifugiati
Un nuovo rapporto di Human Rights Watch documenta l’altissimo costo umano dell’accordo tra l’Unione Europea e la Turchia di Erdogan con cui si è ottenuta la chiusura della rotta egea. Tra le migliaia di rifugiati bloccati in condizioni disperate nei campi greci sono infatti in preoccupante aumento gli episodi di autolesionismo e i suicidi. L’articolo di Lizzie Dearden per The Independent (da accompagnare all’articolo di Vice su quel che resta dei migranti che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere la Grecia dalla Turchia).
8. I rifugiati Rohingya che nessuno vuole
Sono quasi 300.000 i rifugiati Rohingya che vivono in Bangladesh, in condizioni di estrema precarietà tra campi di fortuna e insediamenti informali. Il reportage di Nathan A. Thompson per CNN ci porta a conoscere i rifugiati che nessuno vuole.
9. Dagli Stati Uniti al Canada per cercare asilo, ma a che costi?
Intanto negli Stati Uniti si chiudono le porte in faccia ai rifugiati e sono sempre di più quanti cercano di attraversare il confine con il Canada. Come Razak Iyal e Seidu Mohammed, che sono diventati il simbolo della disperazione tra i richiedenti asilo negli USA di Trump – perché per loro trovare asilo ha significato perdere le dita delle mani durante l’attraversamento del confine canadese sotto la neve. L’articolo di Catherine Porter sul New York Times.
10. L’arte per i rifugiati
L’integrazione passa per la cultura e l’arte. A Berlino il progetto “Multaka”, che in arabo significa punto d’incontro, da qualche tempo trasforma rifugiati e migranti provenienti dal Medio Oriente in guide all’arte araba nei musei cittadini, facilitando così il processo di integrazione (un’idea che è stata intanto portata anche in Italia). Ad Amsterdam, invece, i rifugiati raccontano (e affrontano) il proprio passato attraverso un museo pop-up dentro un centro d’accoglienza molto particolare, ricavato da un’ex prigione. L’articolo di Austin Davis per Refugees Deeply sui migranti guide dell’arte e l’articolo di Nina Siegal per il New York Times sul Temporary Museum.
BONUS. Il data journalism per cambiare il discorso sull’immigrazione
Un esperimento di data journalism per cambiare – informandolo – il dibattito su migranti e rifugiati (nella consapevolezza della crucialità dei dati). Questa la mission di Open Migration, raccontata – in teoria e in pratica – dalla nostra editor Marina Petrillo su Rai News 24, in un collegamento in cui si sono affrontati gli argomenti più spinosi del momento (dalla questione libica all’attacco alle Ong in mare).
Foto di copertina: UNHCR Photo Unit (CC BY-NC-ND 2.0).