1. Libia & Italia – e i diritti umani?
Il contestato accordo dell’Italia con la Libia desta l’attenzione e preoccupazione del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Nils Muižnieks, che chiede chiarimenti al ministro Minniti sulle operazioni di respingimento nelle acque territoriali libiche, mettendo in guardia dal rischio di violazioni del principio di non refoulement (che vieta di trasferire/respingere le persone in luoghi dove sarebbero esposti al rischio di tortura o ad altri trattamenti inumani e degradanti).
La risposta di Minniti è tanto sbrigativa quanto netta: mai fatto respingimenti, l’Italia non sottovaluta affatto l’impegno di rispettare i diritti umani. Un pericoloso funambolismo, commenta in un thread su Twitter Matteo Villa, che è a capo del Migration Programme di ISPI.
1/ Italy Interior Minister Minniti walking a dangerous tightrope in his answer to @coe @CommissionerHR (thread). https://t.co/ULYuqUmiXB pic.twitter.com/WVcKKUhGcn
— Matteo Villa (@emmevilla) October 12, 2017
2. Libia, la storica sentenza del Tribunale italiano che riconosce le torture
Per la prima volta una sentenza di un Tribunale italiano ha riconosciuto le torture nei campi di detenzione in Libia, condannando all’ergastolo per atroci violenze e omicidi il gestore del campo profughi di Bana Walid: una sentenza storica, che deve imporre un cambio netto di rotta al governo italiano, commenta l’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).
3. Libia, la guerra delle milizie e il fallimento della strategia italiana
Intanto, parrebbe proprio che la tanto contestata e pericolosa strategia di Minniti in Libia sia destinata al fallimento. Gli scontri tra milizie nel Paese, che stanno aggravando ulteriormente la precaria situazione umanitaria, hanno infatti visto a Sabratha la sconfitta della milizia con cui l’Italia e il governo di unità nazionale di Fayez al Serraj si erano alleate per fermare il flusso di migranti. Il punto di Annalisa Camilli su Internazionale, da accompagnare alla rilettura dell’articolo, che già qualche settimana fa aveva messo in guardia sulla situazione esplosiva nel Paese nord-africano, di Francesca Mannocchi sull’Espresso (e a quello di Patrick Wintour sul Guardian, che aveva sottolineato le possibili ricadute sulla tenuta del “blocco”).
4. Italia, il dibattito sulle migrazioni alla prova elettorale
A complicare il tutto c’è il fatto che in Italia si avvicinano le elezioni. Ad approfondire quanto la prossimità della prova elettorale influenzi il dibattito sulla questione immigrazione c’è l’analisi di Stefano Torelli per l’European Council on Foreign Relations.
5. Italia, la battaglia per lo “ius soli”
È da troppo tempo che si attende la riforma della cittadinanza (che introdurrebbe lo ius soli temperato e lo ius culturae), e questa è davvero l’ultima occasione, spiega Annalisa Camilli su Internazionale. Intanto venerdì 13 ottobre piazza Montecitorio è divenuta il teatro del “Cittadinanza Day” per chiedere l’approvazione della legge – la giornata è stata raccontata da Eleonora Camilli su Redattore Sociale e Vladimiro Polchi su Repubblica.
A #Montecitorio #cittadinanzaday pic.twitter.com/E3KCFkL4yn
— Eleonora Camilli (@EleonoraCamilli) October 13, 2017
6. Italia, di accoglienza negata si muore
Nel frattempo, al confine al Nord d’Italia – per la precisione a Bolzano – succede che un tredicenne disabile curdo arrivi con la famiglia in Italia dopo il diniego della Svezia e sia costretto a dormire per giorni in alloggi di fortuna in attesa di una presa in carico del sistema di accoglienza – che, però, non arriverà in tempo. Di ritorno dalla Questura, dove si era recato con la famiglia per formalizzare la richiesta d’asilo, Adan è infatti inciampato – a causa di una barriera architettonica – in città con la sua carrozzella spezzandosi le gambe, ed è stato ricoverato e poi dimesso, morendo infine per le infezioni di quelle ferite.
I sette giorni da incubo di Adan, raccontati sul Redattore Sociale e Huffington Post, e la sofferta testimonianza del padre di Adan (che denuncia le falle del sistema di accoglienza europeo e italiano), raccolta da Angela Giuffrida per il Guardian. Da accompagnare alla vignetta di Mauro Biani.
7. L’inverno sta arrivando (di nuovo) in Grecia
L’inverno sta arrivando e la situazione è davvero drammatica. Non stiamo parlando del trailer per la prossima stagione di Game of Thrones, bensì della situazione in Grecia – dove il grande freddo è alle porte e, nonostante il tempo passato e i milioni di euro investiti, il sistema di accoglienza continua ad essere macroscopicamente impreparato a gestire il flusso di arrivi. Il punto di Daniel Howden e Apostolis Fotiadis per Refugees Deeply e quello di Fotini Rantsiou per Open Democracy.
Greece Faces a Rerun of Its Refugee Winter of Discontent, report @daniel_howden and @Balkanizator https://t.co/h5LIXrqrUM pic.twitter.com/rd3yDT1w6S
— Refugees Deeply (@refugeesdeeply) October 10, 2017
8. L’Europa e il “modello” australiano
L’attrazione fatale dell’Europa per le politiche sull’immigrazione australiane, analizzata da Sasha Polakow-Suransky, che racconta sul Guardian come i partiti europei stiano abbracciando con sempre maggiore convinzione la linea dura con richiedenti asilo e rifugiati, con lo scopo ultimo di tenere fuori i musulmani. Dello stesso autore una più ampia riflessione sul New York Times su come il nazionalismo bianco sta distruggendo l’Occidente.
9. Dobbiamo continuare a parlare dei Rohingya
Nel silenzio della comunità internazionale, continua il massacro dei Rohingya tra Birmania e Bangladesh – raccontato in fotografie da Kevin Frayer su IBS Times. Da accompagnare alle testimonianze strazianti raccolte da Jeffrey Gettleman per il New York Times e all’allarme lanciato da Nayma Qayum sul Washington Post relativamente alla situazione umanitaria nei campi rifugiati in Bangladesh (dove nel frattempo, riporta il Guardian, quattro rifugiati sono stati schiacciati da un elefante selvatico).
Per concludere con una nota meno disperata, c’è il reportage di Ali Lapetina per New York Times sui Rohingya che ce l’hanno fatta a scappare e sono arrivati fino a Chicago per costruirsi una nuova vita.
10. Gli Stati Uniti di Trump contro rifugiati e immigrati
Le storie a lieto fine di rifugiati e migranti negli Stati Uniti, però, appaiono destinate a divenire una rarità. Per quanto concerne i rifugiati, la drastica riduzione delle quote dell’America di Trump significa una drammatica svolta sulle politiche di accoglienza – come spiegano l’articolo di Philip Connor per il Pew Research Center e la visualizzazione dati dell’Economist (da accompagnare al dietro le quinte del cambio di politiche raccontato da Jonathan Blitzer sul New Yorker).
Non vanno certo meglio le cose per i migranti. Trump è netto nel condizionare ogni possibile discussione sul Daca – provvedimento che tutela i figli degli immigrati irregolari – a una stretta sulla questione immigrazione: la costruzione del muro col Messico, l’assunzione di migliaia e migliaia di agenti di confine, la compressione delle garanzie procedurali nei tribunali di immigrazione e tagli aifondi per le “città santuario”. Il punto di Dara Lind su Vox (e il suo approfondimento sui leak relativi alla riduzione delle garanzie procedurali) e quello del Washington Post.
BONUS. La questione migratoria al cinema
La gigantesca e cruciale questione delle migrazioni la si prova a spiegare anche sul grande schermo, in una eccellente selezione di titoli. C’è il grande documentario appena lanciato da Ai Wei Wei, “Human Flow” (recensito da Intercept, New York Times, Atlantic, Salon e Newsweek), il duro film-denuncia “Un unico destino” di Fabrizio Gatti per Repubblica e l’Espresso, che documenta la tragedia e le responsabilità del naufragio dei bambini dell’11 ottobre 2013. C’è infine il film di Andrea Segre, “L’ordine delle cose”, che disseziona il costo umano delle politiche italiane in Libia – alla cui visione il ministro Minniti è stato invitato dall’autore con l’iniziativa #MinnitiVieniAlCinema.
Foto di copertina: Frode Ramone (CC BY 2.0).