1. Libia, Lesbo, Nauru: l’unica soluzione è la fuga
Un ragazzo somalo di appena vent’anni sarebbe morto morto dopo essersi dato fuoco in un centro di detenzione per migranti libico, quello di Triq al Sikka, lo riferisce l’Irish Times.
A Lesbo invece migliaia di persone vivono in condizioni disperate nel campo di Moria (il servizio sul campo è ancora bloccato e non è stato mandato in onda dal servizio pubblico), nelle stesse condizioni in cui sono costretti a vivere i migranti che volevano raggiungere l’Australia e si trovano invece confinati sull’Isola di Nauru.
Per Marco Bertotto, Responsabile Advocacy di Medici Senza Frontiere, le politiche di deterrenza promosse da Europa e Australia nei confronti di migranti, rifugiati e richiedenti asilo hanno prodotto effetti drammatici. L’unica possibilità per continuare a garantire protezione a queste persone è richiederne l’evacuazione urgente.
Una riflessione di respiro globale, una critica a politiche fallimentari che sempre più frequentemente vengono indicate come modello da seguire, quella che abbiamo ospitato con piacere su Open Migration.
2. Carovana della speranza, le ragioni di un esodo
Dopo un’altra settimana di cammino, la lenta marcia dei migranti partiti dall’Honduras continua ad ingrossare le sue fila man mano che si avvicina al confine degli Stati Uniti. Mentre la risposta delle autorità statunitensi sembra sempre più incentrata sulla militarizzazione della frontiera, sono in molti ad indagare il motivo e le modalità di un esodo senza precedenti.
Secondo la ricostruzione di Valigia Blu, viaggiare insieme permetterebbe di non pagare l’altissimo compenso richiesto dai trafficanti, diminuendo al contempo il rischio di essere vittima di violenza durante il tragitto.
3. Accoglienza e aiuto militare: ecco dove vanno i fondi europei per lo sviluppo
Accoglienza dei rifugiati nei paesi dell’Unione, riduzione del debito nei paesi in via di sviluppo, ma anche addestramento militare ed esternalizzazione delle frontiere europee, (come ci spiegava Sara Prestianni in quest’articolo). Un interessante approfondimento di Openpolis ci aiuta a leggere i dati relativi ai fondi destinati dalla Commissione europea all’aiuto allo sviluppo, per la prima volta in diminuzione dal 2012.
4. “La Libia non è un Paese sicuro”, la conferma dal Tribunale del riesame di Palermo
Sono state depositate le motivazioni con cui il Tribunale del riesame di Palermo ha scarcerato i sei componenti di un peschereccio tunisino che avevano soccorso un barcone in difficoltà a largo di Lampedusa.
In carcere con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina dal 30 agosto scorso – vi avevamo raccontato le loro storie in questo articolo di Giulia Bertoluzzi e Valentina zagaria – i pescatori tunisini sono stati scarcerati in quanto non potevano riportare i migranti in Libia “perché non è un porto sicuro”.
“Non ci sono elementi per sostenere che abbiano avuto un ruolo nell’organizzazione del viaggio – prosegue la sentenza – la circostanza che si siano messi a pescare solo per allontanare i sospetti appare allo stato poco verosimile“.
Intanto, anche a causa della diminuzione di azioni di ricerca e soccorso in mare, tra la Libia e il nostro paese aumentano le morti in mare.
5. Dossier statistico immigrazione Idos: i residenti stranieri in Italia sono stabili dal 2013
Le persone straniere residenti in Italia sono poco più di 5 milioni, con un’incidenza dell’8’5% sul totale della popolazione, numeri sostanzialmente stabili dal 2013. Sono i dati che emergono dal Dossier Statistico Immigrazione di Idos, che ci mostra come siano diminuiti anche i migranti arrivati via mare: 119.000 (-62.000 rispetto al 2016). Diminuzione degli arrivi ottenuta anche a prezzo di un aumento del tasso di mortalità in mare: secondo l’Oim, tra gennaio e settembre 2018 ben 1.728 in tutto il Mediterraneo, di cui 3 su 4 (1.260) nella sola rotta tra Libia e Italia
6. Il piano del governo spagnolo sui minori non accompagnati
Sono 12 mila i minori stranieri non accompagnati in Spagna, per lo più ospitati dall’Andalusia. La settimana scorsa il Consiglio dei ministri ne ha approvato la ripartizione fra le varie regioni della penisola iberica. Le ripartizione, nell’intenzione del governo, dovrebbe garantire una migliore qualità dell’accoglienza, anche grazie all’erogazione di fondi specifici – 40 milioni di euro da ripartire in base al numero di minori accolti. Secondo quando riportato dal quotidiano Publico però il piano del governo si scontra con le intenzioni delle comunità autonome: poco inclini ad accogliere, avrebbero accettato il trasferimento di solo duecento minori.
7. Da cosa fuggono i migranti?
Sono 33.770. Uomini, donne e minori provenienti da Africa, Asia ed Europa. Sono le persone che hanno richiesto protezione internazionale nel nostro paese nei primi sei mesi dell’anno. Un numero in diminuzione, ma che continua ad attirare l’attenzione di media e politica e su cui troppo spesso agiscono le semplificazioni del caso. Un interessante articolo di Carta di Roma sui motivi che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a viaggi difficili e pericolosi, non tutti in fuga da un conflitto.
8. In Uganda, per raccontarvi una storia di straordinaria accoglienza
Esercito per difendere i confini, esternalizzazione delle frontiere, detenzioni offshore. Che si tratti di Europa, Australia o Stati uniti, le modalità con cui i paesi più ricchi del mondo si rapportano con i flussi migratori è sempre più incentrato sul respingimento e meno sull’accoglienza. Così, a sorpresa, è un paese emergente africano a mostrarci una straordinaria storia di ospitalità. Il New York times ci porta in Uganda dove si stima vivano più di un milioni di rifugiati e dove gli aiuti per la loro integrazione si sono trasformati in un sostegno per tutti.
9. Barriere e reti, al Baobab di Roma l’accoglienza è sempre più difficile
Barriere di cemento armato e una rete di oltre 3 metri, sono queste le novità che hanno incontrato i volontari del centro Baobab di Roma. Il centro ospita in modo informale circa duecento persone tra migranti, rifugiati e transitanti. Gli attivisti temono lo sgombero e denunciano la difficoltà di prestare soccorso o anche solo portare acqua o pasti caldi.
10. Passa dalla Bosnia la nuova rotta balcanica
Né il muro eretto in Ungheria, né i continui rinforzi dei controlli al confine serbo croato sono riusciti a scoraggiare migliaia di persone dal mettersi in viaggio attraverso la rotta balcanica Sono riusciti però a cambiarne il percorso, rendendo la Bosnia – finora esclusa dai flussi – nodo centrale della traversata.
Così, mentre da inizio 2018 oltre 13.000 migranti (dati OIM), hanno scelto la Bosnia come luogo di passaggio sulla strada che porta all’Europa, le città di Velika Kladusa e Bihac – al confine con la Croazia – sono divenute gradualmente il collo di bottiglia del fenomeno. Le due cittadine sono state teatro il fine settimana scorso, della protesta dei residenti e dei migranti, tensioni continuate tutta la settimana come racconta Melting Pot.
In copertina: centro di accoglienza di Moria a Lesbo. Foto di Alessandro Penso