1. Un po’ di chiarezza sullo sbarco della Sea Watch
È finita lo scorso 31 gennaio l’attesa a bordo della Sea Watch. Alle 10 di giovedì mattina la nave è attraccata nel porto di Catania scortata da alcune navi militari e, dopo 13 giorni in mare, i 49 migranti sono potuti finalmente scendere a terra: i 15 minorenni a bordo, 8 dei quali non accompagnati, saranno portati in una comunità di Catania, mentre le restanti 32 persone saranno spostate nell’hotspot di Messina prima di essere ridistribuite in nove paesi europei.
Una volta giunta a Catania la nave non ha potuto lasciare il porto per accertamenti.
Quando era ancora in navigazione i Ministri Salvini e Toninelli e il leader del M5s Di Maio avevano gettato ombre sull’operato della Ong, sostenendo che ci fossero “elementi concreti” per sostenere che la Ong dirigendosi verso l’Italia avesse disubbidito a indicazioni precise e messo a rischio la vita delle persone.
Per il Ministro Toninelli inoltre, il fatto che la nave fosse registrata come “pleasure yacht” avrebbe costituito un’altra irregolarità. A queste affermazioni ha risposto, documenti alla mano, Andrea Palladino sulla Stampa: le affermazioni del ministro non reggono la prova dei fatti.
Chiara Righetti sulla Repubblica ricostruisce invece il perché la Sea Watch abbia dovuto fare rotta sull’Italia. Mentre questa semplice guida scritta dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili spiega perché qualsiasi nave è tenuta a soccorrere naufraghi in mare.
A rispondere alle accuse nei confronti dell’Ong è stata infine la Procura di Catania secondo cui le indagini hanno portato ad accertare la liceità della condotta tenuta dai responsabili della Sea-Watch. È lo stesso Procuratore Zuccaro a precisarlo in una lunga ed esaustiva nota. “Non è emerso, alcun rilievo penale nella condotta tenuta dai responsabili della Sea Watch 3” secondo il Procuratore.
2. Caso Diciotti, le diverse anime della maggioranza
“Le persone vanno sempre salvate. Non può esserci mai un dubbio rispetto a questo. Sono persone, non sacchi di patate e non possono restare un minuto di più sulla nave. Vanno fatti sbarcare” parola del presidente della Camera Roberto Fico, che ospite della trasmissione Che tempo che fa dice la sua anche sulla richiesta di autorizzazione a procedere per Salvini sul caso Diciotti: “Personalmente, dico che semmai arrivasse a me una richiesta della magistratura nei miei confronti per qualsiasi questione, pregherei la Camera di mia appartenenza di dare l’autorizzazione senza se e senza ma”.
Il presidente Fico si riferisce a quanto accaduto lo scorso agosto, quando il Ministro dell’Interno decise di non far scendere a Catania 177 persone, migranti che si trovavano bordo della nave della Guardia Costiera Diciotti. Ai migranti fu concesso di scendere il 25 agosto, dopo 5 giorni e la promessa di alcuni paesi dell’unione europea (e dell’Albania) di accoglierli. Angelo Romano e Andrea Zitelli analizzano per Valigia blu come si è arrivati alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, mentre Nicola Pedrazzi per Osservatorio Balcani Caucaso ci ricorda come l’Albania non abbia tenuto fede alle promesse: ad oggi non ha accolto nessuno dei rifugiati a bordo della Diciotti.
3. Decreto sicurezza, quali conseguenze?
“Il decreto-sicurezza voluto da Lega e 5 Stelle fa gioire società estere e holding specializzate nella gestione di megacentri per migranti. Dietro di loro, fondi di private equity, la finanza londinese, investitori sauditi e svizzeri. Vincitori di una guerra sporca, che farà aumentare disuguaglianze, razzismo, crimine e tensioni sociali”. Inizia con queste parole l’approfondimento che il sito di finanza etica Valori.it dedica al tema dell’accoglienza.
Sull’Espresso Fabrizio Gatti, invece, dedica il suo approfondimento alla “seconda fase del Viminale” quella che dopo la criminalizzazione delle Ong punta il dito contro chi assiste i migranti a terra.
Ma nonostante tutto le iniziative di solidarietà non si fermano. I centri di accoglienza delle dieci diocesi lombarde, dove sono stati già accolti 4.500 migranti,fanno sapere che continueranno ad ospitare: “gli ospiti rimarranno da noi a carico della chiesa“.
Mentre il sindaco di Palermo Orlando ha iscritto 4 migranti all’anagrafe, nonostante il decreto sicurezza lo vieti. Proprio alla questione dell’iscrizione anagrafica e dell’accesso ai servizi Cild ha dedicato una breve guida.
4. Libia: scacco ai diritti umani in quattro mosse
“L’Italia e di conseguenza l’Europa, hanno scavalcato il diritto internazionale, prevaricando di fatto i diritti umani dei migranti”. L’accusa viene lanciata dal rapporto “Accordo Italia-Libia: scacco ai diritti umani in 4 mosse” scritto a quattro mani da Oxfam Italia e Borderline Sicilia.
L’accordo Italia-Libia e la sempre maggiore rilevanza data alla Guardia costiera libica, il passaggio da Triton a Themis, la politica dei porti chiusi e la criminalizzazione delle Ong, Adriana Pollice sul Manifesto analizza le “quattro mosse” segnalate nel report che, oltre a favorire la detenzione nei centri libici di migliaia di uomini, donne e bambini in fuga da guerre e fame, continuano a produrre morti in mare: come riportato dall’agenzia di stampa Agi, a due anni dalla firma sono annegate 5.300 persone, di cui 4.000.
5. Corridoi Umanitari, si chiude la prima fase
Consentendo l’ingresso di rifugiati umanitari in Italia, contribuiscono all’integrazione e a togliere persone vulnerabili dai viaggi sui barconi. Stiamo parlando dei corridoi umanitari dal Corno d’Africa che, con l’arrivo a Fiumicino nella notte tra il 30 e il 31 gennaio di ottantotto rifugiati eritrei e del Sud Sudan, hanno visto il completamento della loro prima fase progettuale.
Un buon esempio di accoglienza, che ha avuto un appoggio politico bipartisan, ma che non potrebbe mai costituire la soluzione ultima al tema dell’immigrazione clandestina. Come spiega a Linkiesta Oliviero Forti – responsabile immigrazione di Caritas: “i corridoi umanitari sono una goccia nel mare magnum dell’immigrazione. La gestione delle migrazioni deve essere una questione pubblica. Ideale sarebbe un mix tra pubblico e privato”.
6. Scafisti o Guardia costiera? In Libia non c’è differenza
Estorcono il denaro ai migranti nei centri di detenzione tramite tortura e poi li abbandonano in mare. Dismessi i panni dei trafficanti, li vanno a riprendere con indosso le divise di guardia costieri. È questa la tesi del reportage di Francesco Viviano pubblicata sull’Espresso che muove i passi dall’inchiesta della Procura di Catania contro la Ong tedesca Jugend Rettet che invece certificava una “grave collusione tra singole unità della Guardia costiera libica e i trafficanti di esseri umani”.
Come scriveva Annalisa Camilli per Internazionale, era stata proprio l’Unhcr a dichiarare in un recente rapporto dal titolo “viaggi Disperati” che riportare indietro i migranti significa di fatto accettare che finiscano di nuovo nelle mani dei loro aguzzini.
Anche noi di Open Migration avevamo dedicato più di un approfondimento a questo tema: qui Nancy Porsia ci raccontava degli affari illeciti di “Al Bija”, capo della Guardia costiera di Zawiya. Qui invece Cecilia Anesi, Lorenzo Bagnoli e Giulio Rubino ci spiegavano come l’Italia affida i migranti agli stessi che fa arrestare per contrabbando.
7. Il più prestigioso premio letterario d’Australia è stato vinto da un rifugiato detenuto
Scrivere un romanzo un messaggio di whatsapp alla volta, spedirlo al suo traduttore dal centro di reclusione di Manus Island e infine vincere il più prestigioso premio letterario d’Australia. È quanto è successo a Behrouz Boochani, rifugiato curdo-iraniano autore di “No Friend But the Mountains: Writing from Manus Prison”. Questa però non è una storia a lieto fine e Boochani non potrà ritirare il premio: è infatti recluso da sette anni sull’isola di Manus, in Papua Nuova Guinea, per aver tentato di raggiungere l’Australia come clandestino dall’Indonesia.
Centinaia di altri rifugiati condividono la stessa sorte di Boochani a causa delle politiche migratorie australiane:
“Non ho di certo scritto questo libro solo per vincere un premio. Il mio obiettivo principale è sempre stato far capire alle persone in Australia e in tutto il mondo come questo Paese abbia torturato persone innocenti a Manus e Nauru in modo sistematico per quasi sei anni. Spero che questo premio porti maggiore attenzione sulla nostra situazione, cambi qualcosa e ponga fine a questa barbara politica”.
8. La messa è finita, la famiglia Tamrazyan ce l’ha fatta!
Vi avevamo già raccontato le vicende dei membri della famiglia Tamrazyan: da 9 anni in Olanda, si erano rifugiata nella chiesa di Betel a l’Aia per sfuggire al rischio di essere espulsi e rimandati in Armenia – dalla quale erano scappati in quanto oppositori. Un cavillo alla legge olandese, che trovava il suo fondamento in un’usanza medievale, impedisce alle forze dell’ordine di far irruzione in un luogo sacro durante le funzioni. Ora dopo 96 giorni ininterrotti di messa, sono finalmente liberi di uscire.
Il governo olandese ha annunciato infatti, grazie alla pressione degli attivisti, che avrebbe esaminato i casi di 700 bambini minacciati di espulsione e delle loro rispettive famiglie. Per 630 di loro è arrivata l’autorizzazione a rimanere nel paese. Derk Stegeman, pastore della chiesa di Betel, ha dichiarato che la famiglia Tamrazyan sarebbe tra questi.
9. Gibuti: si teme per la vita di decine di migranti nello stretto di Bab al-Mandab
Decine di persone potrebbero essere annegate al largo di Gibuti a seguito del rovesciamento di due barconi carichi di migranti. A lanciare l’allarme due sopravvissuti soccorsi in mare, l’Oim per ora conferma la morte di 52 persone, mentre la locale Guardia costiera annuncia che il numero di vittime aumenterà.
Ogni anno migliaia di persone provenienti dalla regione del Corno d’Africa partono da Gibuti e attraversano con mezzi di fortuna lo stretto di Bab al-Mandab, sperando di trovare lavoro nei ricchi paesi del Golfo al di là del mare.
10. Fermarsi per rompere l’indifferenza: a Roma va in scena lo sciopero “alla rovescia”
Un gruppo di docenti del liceo Amaldi di Tor Bella Monaca hanno raccolto le richieste dei propri alunni e per due ore hanno parlato di migranti, di tragedie del mare e di sgomberi all’alba. È iniziato così mercoledì scorso – con una riflessione che partiva dallo sgombero del Cara di Castelnuovo di Porto – “lo sciopero alla rovescia” che dalla periferia di Roma si è subito allargato ad altre scuole di Roma e del Lazio.
“In questa scuola ci sono 250 studenti che non hanno il passaporto italiano, e un grande numero di italiani di seconda generazione. È un tema molto sentito” dichiara uno dei professori promotori dell’iniziativa, Danilo Corradi, a Repubblica. Una iniziativa politica? “Anche l’indifferenza rispetto a quello che succede oggi è fare politica. E sarà anche difficile additarci come una combriccola di radical-chic. Noi stiamo a Torbella, stavolta cascano male”.
Foto di copertina: Migranti assistiti dall’Unhcr il 14 marzo 2018, dopo essere stati intercettati in mare dalla Guardia Costiera libica e portati alla base navale di Tripoli, come migliaia di altri nei primi mesi del 2018 (foto: Unhcr/Sufian Said)