1. Emergency e MOAS insieme per salvare vite nel Mediterraneo, il confine più pericoloso al mondo
La rotta centrale mediterranea, come abbiamo già notato, diventa sempre più mortale. Per tentare di arginare il preoccupante fenomeno, Emergency e la Migrant Offshore Aid Station (MOAS) hanno lanciato una missione congiunta con lo scopo di cercare e salvare migranti in mare sul confine più pericoloso al mondo: il nostro mare.
Repubblica e Vita raccontano l’importante iniziativa delle due organizzazioni umanitarie – che, partita da un pugno di giorni, ha già portato al salvataggio di centinaia di vite.
2. “Se non facciamo qualcosa, quanti moriranno in mare?”
Quella di MOAS ed Emergency non è del resto l’unica iniziativa del genere. In mare a salvare vite c’è anche l’Aquarius, la nave usata dalla NGO SOS Mediterranee. Il bel reportage di Fanny Carrier per AFP racconta com’è la vita a bordo.
3. C’è un giudice a Milano
Sei povero? Hai diritto a essere accolto in Italia. Così si esprime un’ordinanza del Tribunale di Milano che, citando la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, ha concesso a un ventiquattrenne del Gambia il permesso di soggiorno in virtù della protezione umanitaria che gli era stato rifiutato dalla Commissione territoriale. Una pronuncia di portata rivoluzionaria, che per la prima volta parifica migranti economici e profughi. Ne scrive La Stampa.
C'è un giudice a Milano: i migranti economici hanno gli stessi diritti dei profughi https://t.co/UEiKMoPos1 (@LaStampa) #openmigration
— Open Migration (@open_migration) June 7, 2016
4. Lo “sgombero mascherato” del Baobab
L’estate scorsa il centro d’accoglienza per profughi in transito di via Cupa, conosciuto come Baobab e gestito interamente da volontari (senza alcun supporto delle amministrazioni locali), è stato fondamentale nel garantire rifugio alle migliaia e migliaia di profughi in arrivo nella capitale. Il centro è stato sgomberato nel dicembre 2015 ma l’attività del collettivo di azione autogestita – la Baobab Experience, insomma – è continuata. Con l’aumento degli arrivi dei mesi estivi, un nuovo insediamento informale era sorto in via Cupa dove da diverse settimane centinaia di migranti “transitanti” dormivano in tende di fronte alla struttura del Baobab. Che però è stato nuovamente parzialmente sgomberato dalle forze dell’ordine per esigenze di “decoro”.
Insomma, benvenuti a Roma, capitale della non-accoglienza! Per approfondire: l’articolo di Claudia Torrisi per Fanpage e quello di Leonardo Bianchi per Vice News Italia.
5. Migranti in transito: l’accoglienza dal basso non basta, servono le risposte delle istituzioni
Quanto sta accadendo al Baobab solleva di nuovo la questione dell’inadeguata risposta delle istituzioni all’emergenza migratoria. Perché Roma non riesce a fare come Milano e Parigi – dove l’accoglienza per migranti in transito sarà assicurata grazie a progetti congiunti di Comune e associazioni? Se lo chiede – e lo chiede soprattutto ai candidati-sindaco Roberto Giachetti e Virginia Raggi – l’articolo di Eleonora Camilli per Redattore Sociale.
6. I campi per rifugiati non possono essere la risposta alla crisi
È di qualche settimana fa l’annuncio da parte del governo keniota della decisione di chiudere i mega-campi profughi di Dadaab e Kakuma, in merito alla quale sono state espresse grandi preoccupazioni dall’intera comunità internazionale. Ma la situazione in Kenya è soltanto il sintomo di un problema molto più ampio, e cioè il fatto che i campi hanno costituito e tuttora costituiscono la principale risposta della comunità internazionale alla crisi umanitaria – nonostante non siano in realtà che soluzioni temporanee. L’articolo per il Guardian di Marilena Hatoupis e Sonia Ben Ali (fondatrici di Urban Refugees).
7. “Abbiamo costruito noi questa città”
La “giungla” di Calais è molto più di un campo (non autorizzato) per rifugiati: è un luogo vibrante di energia, che i profughi hanno reso il più possibile simile a una casa – costruendo caffè, ristoranti, chiese e moschee, ma anche una libreria e una stazione radio. Ecco come i rifugiati sono diventati gli architetti di Calais.
8. Un profugo in famiglia
Per la terza puntata di Welcome to Italy – un viaggio in cinque video sull’accoglienza dei migranti che arrivano in Italia curato da Stefano Liberti per Internazionale – Annalisa Camilli e Mario Poeti ci raccontano la storia di Seny, un richiedente asilo gambiano, che è stato accolto in casa da una coppia di Asti ed il loro figlio dodicenne. Grazie alla famiglia italiana, Seny ha trovato un lavoro come custode in un centro sportivo e ha cominciato a ricostruirsi una vita – ma oggi il suo futuro è incerto, perché la commissione territoriale gli ha già negato la protezione umanitaria e, se il diniego verrà confermato, il ragazzo diventerà un irregolare e perderà anche il suo lavoro.
La storia di Seny, un profugo ospitato da una famiglia italiana: https://t.co/FgUAs4qcaq pic.twitter.com/9E4UtWP8hY
— Internazionale (@Internazionale) June 11, 2016
9. “Ci trafficano come fossimo droghe”
L’assenza di vie d’accesso legali, il collasso del sistema d’asilo, il blocco delle frontiere. L’Europa diventa sempre più una fortezza, ma questo ovviamente non ferma i profughi che cercano di trovare salvezza nel vecchio continente. Ed a beneficiarne sono soprattutto i trafficanti di esseri umani, il cui business è più florido che mai. Lo racconta l’articolo di Quartz.
10. Questioni di genere
Il viaggio verso l’Europa è particolarmente rischioso per le donne, che sono particolarmente esposte a violenze e soprusi di ogni tipo. La “questione di genere” interna alla crisi umanitaria (di cui noi abbiamo analizzato la specifica dimensione italiana) viene affrontata nuovamente da News Deeply – che aveva già proposto un bel reportage in tre parti sull’argomento – con un’inchiesta sulla significativa problematica delle profughe incinte.
(Photo by Irish Defence Forces via Flickr Creative Commons – CC BY 2.0)