1. Le elezioni in Italia e il populismo in Europa
In tutta l’Europa occidentale i partiti populisti di destra raccolgono meno consensi alle urne perché la preoccupazione per la “crisi migratoria” è diminuita. L’Italia, tuttavia, era, ed è tuttora, un’eccezione: nel Bel Paese la questione immigrazione, fino a relativamente poco tempo fa irrilevante nel dibattito politico, è oggi il tema centrale della campagna elettorale – come spiega l’approfondimento di James Dennison, Andrew Geddes e Matthew Goodwin su London School of Economics’ EUROPP – European Politics and Policy blog. Una situazione peraltro sfruttata dalla destra estrema per raccogliere nuovi consensi, come racconta l’articolo di Patrick Strickland per Al Jazeera.
2. Germania e rifugiati, come cambiano le cose
Anche in Germania la questione immigrazione e asilo è al centro del dibattito politico, e non solo.
Se la prima proposta presentata in Parlamento da un partito di estrema destra (il neo-eletto AfD) dai tempi del nazismo vuole abolire definitivamente la possibilità di riunificazione familiare per titolari di protezione sussidiaria (come spiega l’articolo di Deutsche Welle), è proprio su questi punti che si è concentrata la trattiva per la formazione di una coalizione di governo tra SPD e CDU: l’accordo tra i due principali partiti tedeschi prevede infatti un tetto mensile di 1000 riunificazioni per i titolari di protezione sussidiaria, oltre a un tetto annuale per l’accoglienza di 180-220 mila richiedenti asilo (come spiega un altro articolo di Deutsche Welle).
Politica a parte, la questione asilo continua ad infiammare gli animi dei tedeschi. In questo contesto, l’omicidio di una teenager per il quale il principale sospettato è un richiedente asilo è diventato un banco di prova per la tenuta delle politiche d’accoglienza della Germania: lo racconta l’articolo di Kathrin Bennhold per il New York Times. Intanto, uno nuovo studio dimostra che il dilagante hate speech contro gli stranieri sui social network ha conseguenze molto reali (e cioè aumentano gli episodi di violenza contro migranti e rifugiati): il punto dell’Economist.
3. L’Italia in Niger: niente di nuovo sotto il sole del Sahel
L’Italia ha approvato il decreto missioni militari all’estero – che prevede un ridimensionamento della presenza militare italiana in Afghanistan e in Iraq per spostare i contingenti italiani in Africa, in particolare in Libia e in Niger (dove sono allocati 65 degli 83 milioni di spesa complessiva). Mentre in Libia si tratta di aumentare il personale militare già presente sul territorio (da 370 a 400), in Niger ha avvio una nuova missione che prevede il dislocamento di 470 soldati. Il cui vero obiettivo, però, è il controllo dei flussi verso e dalla Libia (con la solita logica di esternalizzazione e securitizzazione). Lo spiegano bene su Ispi l’approfondimento di Arturo Varvelli e quello di Andrea De Georgio e su Clingendael l’analisi di Anca-Elena Ursu. Da accompagnare all’intervista di Daniele Biella a Giacomo Zandonini su Vita (ed ai reportage dal Niger che Giacomo ha curato per noi).
4. Che fine ha fatto la nave degli identitari
Quest’estate una nave di “Generazione identitaria” voleva impedire i soccorsi delle Ong ai migranti. Com’è finita? Che la missione è stata frettolosamente conclusa e l’equipaggio (otto marinai, tutti provenienti dallo Sri Lanka) è stato abbandonato insieme alla nave, senza nemmeno ricevere la paga. Il dossier di Andrea Palladino per Famiglia Cristiana (da accompagnare al nostro approfondimento sugli identitari).
5. A Calais, dove i confini uccidono
Non bastano le frontiere chiuse, gli sgomberi, le operazioni di polizia. I migranti continuano il loro disperato viaggio attraverso l’Europa sopportando condizioni di vita atroci ed esponendosi a rischi mortali per cercare di di arrivare in Gran Bretagna. E c’è chi non ce la fa. Il reportage di Amelia Gentleman per il Guardian sul quindicenne afgano è stato ucciso da un tir nei pressi del porto di Calais e quello di May Bulman sull’Independent sul giovane uomo che è stato travolto da un treno ed ha così perso entrambe le gambe. Da accompagnare alla nostra serie sui morti di confine.
6. Cercasi rifugio a Parigi
Per le vie gelate di Parigi, a raccogliere le storie dei giovani richiedenti asilo – che rischiano la morte alla ricerca di una vita migliore, eppure sono bloccati in una strada senza via d’uscita. Il reportage di Erin Clare Brown per il New York Times (da accompagnare al nostro di qualche mese fa).
7. Cosa ci insegna il City Plaza Hotel
Un hotel abbandonato che è diventato una casa per centinaia di persone. Un’occupazione abitativa che è stato il punto di partenza per un processo di presa di coscienza e empowerment delle persone che la abitano. È una storia tanto bella quanto importante, quella del City Plaza Hotel di Atene. Il reportage di Zareena Grewal per Atlantic e l’editoriale di David Patrikarakos per il Guardian (da accompagnare al nostro reportage pubblicato in occasione del primo “compleanno” dell’occupazione).
8. Un anno di Trump
In un discorso elettorale dell’agosto 2016 in Arizona, l’allora candidato presidenziale repubblicano Donald Trump ha esposto in dieci punti dettagliati la politica di immigrazione che intendeva perseguire se fosse stato eletto. Quel discorso si è rivelato una roadmap straordinariamente chiara e dettagliata delle politiche messe in atto nei primi 365 giorni alla Casa Bianca. Un rapporto del Migration Policy Institute fa il punto sul piano di Trump, valutando fino a che punto l’amministrazione è arrivata su ogni obiettivo, dall’inaugurazione e sulle prospettive per il futuro. Da accompagnare al reportage di John Holman per Al Jazeera.
9. Rohingya, fermate quei rimpatri
Mentre lo scorso autunno decine e decine di migliaia di Rohingya in fuga da “un caso da scuola di pulizia etnica” si riversavano fuori dalla Birmania e cercavano rifugio in Bangladesh, i due paesi stavano già negoziando ritorni di massa. Questo non sarebbe il primo rimpatrio prematuro di appartenenti alla “minoranza più perseguitata nel mondo”, ma oggi riflette una ben più ampia e preoccupante tendenza a rimpatri palesemente non sicuri. L’approfondimento di Jeff Crisp per Refugees Deeply (da accompagnare all’editoriale del Guardian e l’op-ed di Jade Huynh). Arriva mentre si scrive la notizia che le procedure di rimpatrio, che avrebbero dovuto iniziare martedì 23 gennaio, sono “on hold”.
10. Un algoritmo per migliorare l’integrazione dei rifugiati
In questi giorni si fa un gran parlare di algoritmi. Non è solo il nuovo codice di Facebook a far discutere, perché anche gli esperti di immigrazione ed asilo sono impegnati a discutere dell’impatto che potrebbe avere un algoritmo per l’integrazione dei rifugiati. Alcuni ricercatori hanno infatti creato, tramite machine learning, un codice che permette di individuare il miglior luogo dove ricollocare un rifugiato, aumentando le sue possibilità di trovare lavoro fino al 70%. Lo studio appena pubblicato su Science, da accompagnare all’articolo di James Vincent per Verge (ed alla puntuale precisazione dell’autore su come il discorso ci sembri tanto rivoluzionario più che altro perché al momento non c’è alcuna logica dietro le ricollocazioni).
Foto di copertina: Takver (CC BY-NC-ND 2.0)