1. Un anno duro per Frontex
Navi, veicoli, aerei, droni, radar e tecnologie di sorveglianza biometrica sempre più sofisticate. Sono gli strumenti più innovativi con cui l’agenzia Frontex assicura lo svolgimento della sua mission: il controllo delle frontiere marittime e terrestri dell’Unione. Le inchieste che la vedono coinvolta negli ultimi mesi ci raccontano anche di respingimenti collettivi e rapporti non chiari con la guardia costiera libica oltre che di una gestione non trasparente del suo budget miliardario, che ha attirato l’attenzione – un’indagine è tutt’ora in corso come ci raccontava Paolo Riva – dell’Ufficio Antifrode dell’Unione Europea. Con Oiza Q. Obasuyi ripercorriamo tutte le accuse nei confronti di Frontex, Agenzia che come ci spiegava Anna Dotti è sempre più al centro delle strategie di un’Unione che punta tutto sui rimpatri.
2) I Cpr sono buchi neri per i diritti di chi è trattenuto
L’ultimo ragazzo morto in un Cpr si chiamava Abdel Latif. È morto a soli 26 anni lo scorso 28 novembre nel reparto psichiatrico dell’Ospedale San Camillo. Giunto a fine settembre in Italia dalla Tunisia, si trovava nel CPR di Roma Ponte Galeria dal 13 ottobre. Cos’è realmente accaduto nel reparto psichiatrico del San Camillo? Perché si trovava lì? Com’è possibile che le sue condizioni mentali siano peggiorate così tanto in così pochi giorni? Sono solo alcune delle domande che il suo caso lascia aperte e su cui ancora non si è riuscito a fare luce.
Prima di lui era stato un altro ragazzo a terminare i suoi giorni in un centro di permanenza per il rimpatrio, Musa Balde. 23 anni, originario della Guinea, si è suicidato nel maggio scorso nel Cpr di Corso Brunelleschi a Torino dove si è impiccato con un lenzuolo. Era da giorni in isolamento sanitario, nella parte della struttura chiamata “Ospedaletto”.La sua colpa? Qualche settimana prima aveva subito un violento pestaggio da parte di tre italiani che lo accusavano – ingiustamente – di un tentativo di furto. Irregolare sul territorio, invece che giustizia, ha trovato ad attenderlo le porte del CPR.
“Rinchiudere un ragazzo giovanissimo dopo un pestaggio, collocarlo in isolamento senza adottare la sorveglianza sanitaria, vuol dire, se non aver contribuito, quantomeno non aver fatto nulla per evitare il verificarsi dell’evento”, scriverà l’avvocato Gennaro Santoro in questo approfondimento sul caso.
Violazioni delle procedure e morti evitabili non sono le uniche inaccettabili macchie sul funzionamento di queste istituzioni.
Tra scarsa trasparenza, assistenza sanitaria e diritti umani negati, la Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili ha raccolto le principali criticità dei Cpr di tutta Italia nel report “Buchi Neri, la detenzione senza reato nei centri di permanenza per i rimpatri”.
3) L’Italia ha rinnovato il suo accordo con la Libia
Proprio in questi giorni una sentenza della Corte di Cassazione ha assolto dall’accusa di resistenza a pubblico ufficiale due migranti che avevano dirottato il rimorchiatore su cui erano stati soccorsi – l’italiano Vos Thalassa – per evitare di essere riconsegnati al paese dal quale erano fuggiti.
Se i giudici hanno riconosciuto i rischi che corre chiunque venga rispedito in Libia in termini di violazioni di diritti umani, alle stesse coclusioni non sono giunti la Camera e il Senato italiani.
Lo scorso 15 luglio, infatti, il Parlamento ha discusso e approvato lo stanziamento di nuovi fondi da destinare alla cosiddetta Guardia costiera libica, rifinanziamento che rientra tra quanto previsto dal Memorandum d’Intesa voluto dall’allora ministro degli Interni Marco Minniti. Ma la cooperazione con il paese nordafricano nell’ottica di frenare le partenze dei migranti ha una storia molto più articolata, una storia che si trascina dietro una lunga scia di abusi.
Ma il rinnovo degli accordi con la Libia non è il solo punto di continuità tra il Governo attuale e i governi precedenti. Dal codice di condotta ai fermi amministrativi, ecco tutte le strategie poste in atto per fermare i soccorsi nel Mediterraneo.
4) L’arrivo della nave Vlora e 30 di migrazione in Italia
L’8 agosto di trent’anni fa l’arrivo della nave Vlora nel porto di Bari ha significato il risveglio collettivo per il nostro paese, che si credeva terra di emigranti e si scopriva paese di arrivo.
In occasione del trentesimo anniversario abbiamo chiesto a Christian Elia cosa ha significato questo evento per la città di Bari, per il nostro paese e per chi dall’altra sponda del canale di Otranto guardava all’Italia. Ne è venuto fuori questo interessante approfondimento in tre puntate che trovate qui, qui e qui.
Da questa data così significativa facciamo partire anche un nuovo e-book che vuole raccontare con occhio ormai storico quell’evento e quelli che seguirono. Un lavoro che raccoglie oltre 20 approfondimenti dalle due sponde dell’Adriatico e che vuole raccontare tutti i modelli, gli schemi e le risposte inaugurate allora e riproposti ancora oggi, dopo 30 anni.
Una lettura per raccontare l’Italia di allora e quella di oggi che dovrebbe “soprattutto renderci impossibile parlare ancora di emergenza” quando affrontiamo il tema migrazione.
5) Il ritorno dei Talebani in Afghanistan
L’11 settembre del 2001 gli attentati alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono di Washington spinsero l’amministrazione Bush a dichiarare guerra all’Afghanistan dei Talebani. 20 anni dopo, quel regime, che si credeva sconfitto per sempre, è tornato al potere. Nel mezzo 20 anni di guerra, distruzione ed economia al collasso, con il popolo afghano ad aver pagato le conseguenze più grandi. Nell’anniversario di quegli attentati che sconvolsero il mondo, e con le immagini della resa di Kabul ancora negli occhi, abbiamo chiesto a Giuliano Battiston di fare il punto della situazione. Ecco quello che ci ha raccontato.
Intanto il mondo faceva i conti con le proprie responsabilità e si ci si interrogava su come aiutare le tante persone che stavano abbandonando il paese.
Tra i tanti anche le calciatrici del Bastan football club di Herat, costrette tragicamente alla fuga con il ritorno al potere dei Talebani. Alle donne non è più consentito fare sport e loro – simbolo di emancipazione e di un passato prossimo che si vuole cancellare – rischiavano la vita restando nel Paese. Alcune di loro sono ora al sicuro in Italia grazie agli incredibili sforzi del Cospe. L’associazione di Firenze – insieme a tante ong – è ancora in prima linea per non lasciare senza aiuto chi non è riuscito a partire. Ce lo raccontava Eleonora Camilli in questo approfondimento.
6) Il mondo alla prova dei cambiamenti climatici
C’è un’altra emergenza, oltre quella sanitaria dovuta al Covid-19, che sta passando inosservata e che sempre più minaccia le nostre vite: i cambiamenti climatici. Una crisi globale e causata dal nostro modello di sviluppo. ( Un esempio paradigmatico di questa dinamica è quello del Bangladesh, di cui ci aveva parlato Andrea Oleandri in questo articolo).
Di riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici si sono occupati anche i “Grandi della Terra”. Il 13 novembre scorso,infatti, si è conclusa con un accordo sottoscritto dai 197 Paesi presenti la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici di Glasgow, comunemente nota come Cop26.
If you are heading-or perhaps zooming-to #COP26 you will hear A LOT about #migration and #climatechange.
So here is you Evidence Alert 📢! You are welcome.
Based on this recent evidence assessment:https://t.co/jgTWu1HDcQ
First, the numbers are high but variable and temporary pic.twitter.com/7mQrRtwzlO— Marta Foresti (@martaforesti) October 29, 2021
Marta Foresti, direttrice per l’Europa a Odi, ha seguito da vicino i lavori della conferenza. Le abbiamo fatto alcune domande su migrazioni e cambiamenti climatici, e quello che ci ha risposto è davvero interessante.
7) Al confine tra Polonia e Bielorussia dove l’UE sta tradendo i suoi principi
Sfruttare il frutto avvelenato della narrazione tossica sulle migrazioni in Europa per ricattare e ottenere risultati. Ultima a farlo in ordine di tempo è la Bielorussia di Lukashenko accusata di utilizzare il dramma umano dei migranti per fini politici, facendo attraversare a centinaia di persone i confini con le vicine Polonia e Lituania.
Dopo avervi raccontato le storie dei migranti bloccati al confine, l’insolita rotta tra l’Iraq e Minsk, e testimoniato la solidarietà di volontari e società civile, Ilaria Romano ha intervistato l’Eurodeputato Pietro Bortolo da poco tornato da una missione proprio su quel confine “dove l’Unione dei diritti sta tradendo i suoi principi“.
Arrivederci al prossimo anno!